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I grilli di Renzi

Renzi

Matteo Renzi ci sta facendo “vivere da grillini” a sua insaputa

Ha un nel dire e scrivere Matteo Renzi a Castrocaro Terme e dintorni, nelle lezioni su come “meritare l’Europa” e nelle lettere e-news ad amici, seguaci, militanti, simpatizzanti e finanziatori che, dopo aver loro risparmiato di “morire da sovranisti”, impedendo l’anno scorso le elezioni anticipate a sicura vittoria del centrodestra a trazione leghista, ora è impegnato di giorno e di notte a non condannarli a “vivere da grillini”. Con i quali, smettendo all’improvviso di mangiare le riserve di pop-corn acquistati dopo la batosta elettorale del 2018 per godersi lo spettacolo della loro partita con Matteo Salvini, spinse l’anno scorso il Pd di cui faceva ancora parte ad allearsi al governo appunto per evitare le elezioni anticipate e il ricorso alle urne. Cui diversamente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, anche a costo di strappare con qualche consigliere, non avrebbe potuto sottrarsi, salvo forse guadagnare qualche altro mese con un governo tecnico, o giù di lì, magari affidato a Carlo Cottarelli, essendo ancora Mario Draghi impegnato al vertice della Banca Centrale Europea, per allestire o improvvisare la legge di bilancio imposta dalle scadenze costituzionali e dalla paura dei mercati finanziari.

Dopo un anno ormai di governo con i grillini, per fronteggiare i quali, non fidandosi di Nicola Zingaretti al vertice del Pd, si era messo subito in proprio con Italia Viva, mettendo in mora ora questo ora quel ministro, salvo graziarli all’ultimo momento con mosse da capogiro, Renzi vorrebbe far credere agli amici che non si vive già da grillini, per usare le sue stesse parole. Come altro pensa di stare a vivere l’ex presidente del Consiglio con gli alleati in una maggioranza e combinazione ministeriale che sotto la guida di Giuseppe Conte è di fatto riuscita a trasformare in una corazza, o in un busto di gesso, la disgrazia della pandemia e della sua perdurante emergenza, tra alti e bassi, una sparata di virologo e una di discotecaro, un’indagine giudiziaria e l’altra, tra Bergamo e Roma?

È ormai evidente a tutti che, per quanto in “travaglio”, al minuscolo, o in crisi d’identità esplosa col salasso delle elezioni europee e di quelle regionali e comunali successive; per quanto acefali con quel “reggente” scaduto in termini statutari dopo la rinuncia almeno formale di Luigi Di Maio all’incarico di “capo”; per quanto lacerati da ogni tipo di contrasti, politici e personali; per quanto insofferenti di Davide Casaleggio e della sua “piattaforma Rousseau”; per quanto abituatisi anche loro a ridere dei messaggi ed altri segnali di Beppe Grillo, rimasto a corto di spettacoli anche per la paura dei contagi virali; per quanto insomma malmessi, i pentastellati conducono il gioco in Italia. Hanno imposto le loro “riforme”, prima a Salvini e poi al Pd, dalla prescrizione breve al taglio di 345 seggi parlamentari su 945 elettivi, e non hanno permesso nessuna delle misure compensative concordate: dalla riforma del processo penale, per renderne certi i tempi ed evitare che un imputato resti tale a vita, anche dopo essere stato paradossalmente assolto in primo grado, a quella dei regolamenti parlamentari, della legge elettorale e delle maggioranze qualificate per le cariche di garanzia, a cominciare da quella per la scelta del capo dello Stato.

Il ruolo ormai giugulatorio dei grillini potrebbe addirittura rafforzarsi con la vittoria del sì al referendum del 20 settembre sul taglio ai seggi parlamentari, per quanto il risultato ad essi favorevole sembri ogni giorno di più meno scontato, almeno nelle dimensioni da loro immaginate grattando la pancia degli elettori.

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