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I grilli del Fatto sulla Giustizia

giustizia

I Graffi di Damato. L’evoluzione di stile tutto grillino del Ministero della Giustizia

Per chi aveva cominciato a rifarsi piacevolmente gli occhi, diciamo così, associando il Ministero della Giustizia – dopo il passaggio quasi triennale di quell’eterno spettinato Alfonso Bonafede – alla figura sempre ordinata ed elegante di Marta Cartabia sta diventando a dir poco sgradevole la rappresentazione adottata da qualche giorno dal Fatto Quotidiano. Nella cui redazione evidentemente si rimpiange al Ministero di via Arenula Bonafede come a Palazzo Chigi Giuseppe Conte. Che rispetto all’altro ha almeno dalla sua parte – lo riconosco – una certa eleganza d’abbigliamento ed anche una foto di commiato persino toccante, con quel personale affacciato alle finestre sul cortile che applaudiva il presidente uscente con la fidanzata, sino a far piangere il portavoce Rocco Casalino. Di cui tutto francamente immaginavo, dopo averne lette tante sul suo stile di lavoro, fuorché il cedimento all’emozione in una circostanza di quel genere.

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Oggi, venerdì 14 maggio 2021, il giornale dove ancora riescono a ritrovarsi, in tutti i sensi, quasi tutte le anime, tendenze, correnti, umori e quant’altro del MoVimento 5 Stelle, uscito dalle elezioni politiche del 2018 come una volta capitava alla Dc, cioè da forza di maggioranza relativa, il Ministero della Giustizia è associato nella vignetta di prima pagina a tre mignotte, come vengono chiamate a Roma quelle donne succinte, diciamo così, che rappresentano nella immaginazione di Riccardo Mannelli “Grazia, Graziella, Grazialcazzo e Giustizia”. Speriamo adesso che nessun lettore di Travaglio, prendendolo in parola e perdendo la testa, non irrompa assatanato nel palazzo di via Arenula a cercare di far loro la festa.

Due giorni prima, mercoledì 12 maggio, lo stesso Mannelli aveva offerto o proposto – dite voi – ai lettori del giornale più letto sotto le cinque stelle un’altra rappresentazione volgarotta, a dir poco, della “Giustizia strafatta”, inventandosi una tavola numero 22 dell’Enciclopedia illustrata di Italypedia. Che fantasia e che gusto, con quella bilancina della giustizia appesa a quell’obbrobrio di donna bendata che grida ai quattro venti non so se più il suo godimento o il suo schifo! È la satira, bellezza.

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Per niente triviale, per carità, ma altrettanto polemica era stata il giorno prima, martedì 11 maggio, la rappresentazione del Ministero della Giustizia, della sua nuova titolare e dei suoi progetti di riforma offerta ai lettori del Fatto Quotidiano con titolo, fotomontaggio e sommario. Per fortuna era mancato il contributo vignettistico di Mannelli.

Il titolo gridava: “(In)giustizia – Riesumate due leggi ad personam del Caimano – La svolta Cartabia è quella di Berlusconi”. Il sommario spiegava così i “processi à la carte” coltivati dalla guardasigilli: “Su pressione di Forza Italia, Lega e Italia Viva la ministra ricicla la Pecorella (bocciata dalla “sua” Consulta) sull’appello dimezzato e le “priorità” dei reati decise dal Parlamento”. Ripeto: dal Parlamento, non dal Governo, o dal ministro, o da un posteggiatore abusivo tratto a sorte. Il fotomontaggio, infine, proponeva la guardasigilli in accenno festoso di danza, come in un cabaret, fra il solito Berlusconi in doppiopetto e l’altrettanto solito Salvini in maniche di camicia.

Consentitemi a questo punto un pensiero di comprensione e di solidarietà al presidente del Consiglio Draghi per le prospettive che lo aspettano alle prese con i grillini delle varie tendenze sui temi della giustizia.

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