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Il Fatto s’interroga su Draghi

Ripresa Conte Draghi

Dietro la campanella d’argento di Palazzo Chigi passata da Conte a Draghi. I Graffi di Damato

Abituati almeno nell’ultimo decennio al festoso Silvio Berlusconi, che nel 2011 passò la campanella del Consiglio dei Ministri a Mario Monti come se fosse un giocattolo, o all’imbronciato Enrico Letta, che gliela passò frettolosamente a Matteo Renzi volendo manifestare il più chiaramente possibile il fastidio, quanto meno, procuratogli da quel canzonatorio invito alla “serenità” formulatogli nei giorni precedenti da chi stava lavorando per succedergli, è stato un po’ di conforto il ritorno alla normalità col passaggio emblematico delle consegne a Palazzo Chigi fra l’ormai ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il nuovo, Mario Draghi.

Normale, come segno di buona educazione e anche di riconoscenza per molti di essi, che avranno magari ricevuto dall’interessato promozioni, aumenti di stipendio e altre umanissime cortesie, mi è sembrato pure l’applauso di commiato dei dipendenti di Palazzo Chigi, dalle finestre delle loro stanze o corridoi, al Conte in uscita con la fidanzata Olivia, rigorosamente ed elegantemente avvolta in un cappotto nero.

Come al solito, a macchiare metaforicamente l’abito dell’ex presidente del Consiglio sono stati i suoi sostenitori più solerti o accaniti come quelli del Fatto Quotidiano. Che gli hanno dedicato un titolo… napoleonico, rappresentandolo già impegnato a “preparare il ritorno”, come Napoleone dall’isola d’Elba, ma si spera — per Conte — con esito diverso dalla lontanissima e fatale isola di Sant’Elena. La solerzia gioca sempre brutti scherzi. Infatti Marco Travaglio in persona ha sognato il governo Draghi — ribattezzato Draganella non so se fargli fare rima più con la maschera goldoniana dell’astuto Brighella o con la mafiosità dei Bagarella siciliani — come quello post-napoleonico della “restaurazione” a Vienna, con tanto di indumenti e maschere d’epoca.

Il vignettista Riccardo Mannelli, sempre sul Fatto Quotidiano, in una gara di spiritosaggine col suo direttore, ha scherzato sulle dimensioni fisiche del ministro forzista Renato Brunetta, cui Draghi ha restituito la riforma della pubblica amministrazione nella speranza che questa volta riesca a farla davvero. Ne è venuto fuori un quadro in bianco così titolato: “Aveva un così alto profilo che nessuno riusciva a inquadrarlo”. Ma va detto che, una volta tanto smarronando pure lui, cioè facendo prevalere il dileggio sulla satira o sullo scherzo, Emilio Giannelli sul Corriere della Sera è stato ancora più pesante e specifico sistemando nella sua vignetta il ministro veneziano in prima fila e facendolo sfottere, sempre sul tasto dell’”alto profilo”, personalmente da un Conte a colloquio col presidente della Repubblica.

Anche questa ormai è diventata la serietà del dibattito politico in Italia, del resto all’altezza solo della comicità, vera o presunta, del “garante”, “responsabile”, “elevato” e non so cos’altro del quasi partito ancora più rappresentato nel Parlamento eletto quasi tre anni fa, e che ha prodotto altrettanti governi. Dall’ultimo dei quali naturalmente, al contrario dei “ribelli” grillini, ma forse anche di  quelli che più realisticamente hanno preferito il potere all’opposizione, abbiamo il diritto — stavo per dire il dovere — di aspettarci qualcosa di assai diverso. E ciò a cominciare dall’esordio parlamentare per la fiducia, fra qualche giorno.

 

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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