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Il messaggino di Draghi su Pnrr e non solo
I Graffi di Damato. L’allegato galeotto di una lettera che sfila Draghi dalla corsa al Quirinale
A Bruxelles – dove la politica italiana è evidentemente seguita più per ciò che fa davvero il governo che per le polemiche di giornata fra e dentro i partiti che lo compongono e l’appoggiano in Parlamento, facendosi spesso più sgambetti che cortesie – non è passata inosservata ciò di cui invece non si sono accorte le cronache nazionali. È la lettera, di cui riferisce dalla capitale europea il corrispondente di Repubblica Claudio Tito, con la quale Mario Draghi ha fatto richiamare dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli i Ministri in partenza per le vacanze sulle urgenze che li aspettano alla ripresa autunnale. E che corrispondono agli impegni presi, e da Draghi personalmente garantiti davanti a una richiesta di chiarimenti formulatagli dalla presidente della Commissione dell’Unione, sul percorso delle riforme cui sono condizionati i finanziamenti comunitari del piano della ripresa.
La lettera tuttavia non si limita alle urgenze, chiamiamole così, autunnali che riguardano i trasporti, la scuola, l’energia sostenibile, il fisco, la giustizia e la pubblica amministrazione. In un allegato Draghi ha fatto ricordare ai Ministri anche le scadenze successive, sino alla fine del 2026, cioè sino al compimento di tutti gli obblighi assunti con l’Unione Europea: un traguardo nel quale si sente impegnato il governo pur avendo esso una scadenza istituzionale più vicina: l’esaurimento della legislatura nel 2023, salvo anticipi elettorali per incidenti di percorso. Uno dei quali paradossalmente potrebbe essere l’elezione dello stesso Draghi al Quirinale per la successione al presidente uscente della Repubblica Sergio Mattarella, fra meno ormai di sei mesi.
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In quell’allegato che chiamerei galeotto c’è, a mio avviso, non dico l’indifferenza ma l’indisponibilità del presidente del Consiglio a una promozione concepita da chi la sostiene come una rimozione. E il pensiero va subito all’appena presidente digitalmente eletto del MoVimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Che si è appena sottratto in una intervista ad una domanda su Draghi al Quirinale dicendo che non è questo il momento di parlarne perché l’ipotesi si presterebbe, appunto, alla interpretazione di una promozione finalizzata alla rimozione.
È proprio su Repubblica che oggi, in un’analisi della situazione politica che si è incrociata – guarda caso – con la corrispondenza di Claudio Tito da Bruxelles, Stefano Folli indica proprio in Conte l’unico o il più interessato a una turbativa di fine legislatura per risparmiarsi nell’anno residuo chissà quali incidenti e rischi come nuovo capo dei grillini. Che è di per sé un ossimoro -aggiungo io – essendo difficilmente immaginabile, diciamo pure impossibile, che i grillini, riconoscibili in quanto tali dalla conferma di Beppe Grillo a garante a vita, si lascino davvero dirigere, guidare, comandare e quant’altro da un professore, avvocato, ex presidente del Consiglio liquidato meno di un mese fa dal fondatore del Movimento come inadatto, a dir poco.
Sì, d’accordo, c’è stata fra il licenziamento e la riassunzione di Conte la spigola di Marina di Bibbona mangiata dai due in un ristorante tra fotografie scattate da un amico di Luigi Di Maio mandato apposta nella località toscana per immortalare l’evento, tanto doveva evidentemente considerarsi eccezionale. Ma di quanto tempo volete che abbia bisogno Grillo per smaltire una spigola, peraltro pagata dall’ospite e quindi per un genovese doc ancora più digeribile?