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Come procede la partita del Quirinale
I Graffi di Damato. Un guaio ora avvertito anche sotto le 5 Stelle il Parlamento delegittimato
Anche se la firma non è tra le più autorevoli, con tutto il rispetto per l’interessato, la competenza è più amministrativa che costituzionale e la collocazione del suo articolo – a pagina 13 del Fatto Quotidiano di ieri, senza uno straccio di richiamo in prima – non incoraggia di certo ad accreditarlo più di tanto sotto le cinque stelle, l’ex consigliere di Stato e professore Filoreto D’Agostino ha mostrato di non condividere almeno i tempi dei consistenti tagli orgogliosamente apportati dai grillini ai seggi parlamentari.
D’Agostino ha riconosciuto che un Parlamento destinato a cambiare così tanto nella sua prossima edizione, peraltro – senza che il professore lo abbia fatto rilevare, credo per delicatezza – con i grillini per primi destinati a tornarvi non certo nella sorprendente percentuale del 2018, quasi da vecchia e centralissima Dc, è ormai troppo delegittimato per poter eleggere a febbraio prossimo un presidente della Repubblica davvero nuovo, in grado di rappresentare per i sette anni successivi l’unità nazionale. Della della quale parla, a proposito della figura del capo dello Stato, l’articolo 87 della Costituzione prima di elencarne i poteri, compreso quello dello scioglimento anticipato delle Camere che perde però nell’ultimo semestre del mandato, comunemente chiamato perciò bianco e appena cominciato.
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Non ci voleva molto, in verità, a prevedere questo inconveniente. Quando mi permisi di farlo notare già nel 2018 ad un esponente oggi graduato del Movimento 5 Stelle che non nomino perché potrebbe sdegnosamente smentirmi non disponendo io di testimoni, mi sentii liquidare l’osservazione come “una fesseria”. Erano d’altronde i giorni in cui i grillini ritenevano di avere allestito con Giuseppe Conte presidente del Consiglio, in realtà guidato dai due vice presidenti Luigi Di Maio e Matteo Salvini, un governo addirittura di legislatura. E di una legislatura a scadenza ordinaria, destinata cioè a durare cinque anni, magari propedeutica ad un’altra in cui il MoVimento potesse governare da solo.
Cosa si dovrebbe fare allora alla scadenza del mandato di Mattarella, vista la delegittimazione delle Camere attuali sancita con tanto di referendum confermativo? Semplice, anzi semplicissimo: “riconfermare per un anno” il presidente uscente, pur fingendo di confermarlo per altri sette. Un anno basterebbe, e avanzerebbe, per consentire al Parlamento di eleggere nel 2023 un Capo dello Stato pienamente legittimato anche lui. È l’uovo di Colombo, prima ancora che di D’Agostino.
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Resta solo da convincere Mattarella, che mi risulta già impegnato a cercare una casa in affitto dove trasferirsi a febbraio dall’alloggio del Quirinale, possibilmente vicino a quella della figlia. Ma bisognerà forse convincere anche il presidente in pectore dei grillini Giuseppe Conte, mezzo tentato da una promozione/rimozione di Draghi. E forse più d’accordo col Fatto Quotidiano di oggi, che ha già preso le distanze da D’Agostino pubblicando, sempre defilato, un articolo di segno opposto della non pur titolata Silvia Truzzi. Nel cui titolo si legge addirittura in rosso: “Balle”. E si aggiunge: “Il bis di Mattarella sembra inevitabile, ma non è affatto così”. Il Presidente uscente insomma può continuare a cercare casa per godersi il famoso riposo di cui lui parlò nei mesi scorsi ad una scolaresca, giustificato dalla fatica obiettivamente costatagli in questa anomala legislatura in corso, comprensiva di follie politiche e pandemia.