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Il Pd torni tra la gente. È paradossale essere maltrattati a Mirafiori. Parla Livia Turco

Livia Turco

L’on. Livia Turco discute del nuovo Governo e delle difficoltà del PD di creare un rapporto umano con gli elettori  

Il disastro elettorale del Partito Democratico ha molteplici ragioni. Si possono rintracciare nell’attitudine al “governismo” che ha portato il PD a fare parte di quasi tutti i governi degli ultimi 10 anni, e nella una difficoltà nel dialogo con il territorio. Aspetto sul quale, in passato, aveva basato la sua forza anche elettorale.

Ne abbiamo parlato con l’onorevole Livia Turco, parlamentare fino al 2013 e, tra le altre cose, Ministro della Salute e per la solidarietà sociale.

Questo è il primo governo di destra-centro della repubblica italiana. Secondo lei quali saranno i punti di rottura rispetto ai precedenti?

Una prima verifica ci sarà sull’esplicito riconoscimento del valore del 25 aprile. Mi aspetto che su questo ci sia un esplicito cambiamento rispetto al passato perché questo è un passaggio fondativo, non è un dettaglio, stiamo parlando del riconoscimento del valore della nostra Repubblica. Il punto su cui c’è stata differenza tra le posizioni espresse da Meloni e i governi precedenti è proprio il modo di parlare del 25 aprile. E poi il rapporto con l’Europa anche se al momento vedo una prudenza, che apprezzo, da parte di Giorgia Meloni, in merito alle relazioni con Bruxelles.

Sulle questioni di contenuto politico?

Penso all’immigrazione, è un tema cruciale, la sinistra sbaglia a non considerarlo tale, bisognerà fare una battaglia a viso aperto. E poi vi sono le questioni relative al welfare. Cancellare il reddito di cittadinanza significa, al di là della retorica, non sapere cos’è la povertà. E, sempre in tema di welfare, manca alla destra l’idea di investire sui beni comuni e non rifugiarsi solo nei bonus, nei trasferimenti monetari. Questa è una visione arretrata del welfare, assistenziale. E, ancora, ci sono i temi dei diritti della famiglia e della concezione delle donne.  Voglio ricordare un dato che appartiene alla storia perché la storia è importante.

Prego. 

Quel simbolo tricolore che l’on. Meloni, alla quale va il mio apprezzamento per il suo coraggio e il suo impegno, ha voluto mantenere, appartiene a un partito che, nella storia d’Italia, ha sempre fatto le barricate, e lo sottolineo, contro tutte le riforme che hanno riguardato le donne: dal divorzio, al diritto di famiglia, ai sostegni alla maternità, all’aborto, per non parlare della legge sul diritto d’onore. È stata una forza che ha impedito, rallentato, il percorso di riforme nel nostro paese. L’unica legge per la quale abbiamo trovato un accordo è stata quella sulla violenza sessuale, ma era il 1996 era una vergogna indicibile che fosse ancora un reato contro la morale. E questo non è un dettaglio perché la storia conta, la storia nutre.

Quale tipo di opposizione immagina, on Turco, per il PD?

Molto netta, che si preoccupi della ricostruzione minuziosa del legame con le persone. Che vuol dire ascoltare, prendere nota e risolvere i problemi delle persone. Il legame non è solo fare volantinaggio ogni tanto. Un’opposizione che, come avveniva in tempi passati, porti i parlamentari a passare più tempo nel collegio che in Parlamento, a cercare il rapporto con le persone. Troverei una formula per cui sia obbligatorio per i parlamentari del PD avere un rapporto costante con le persone. Perché la cosa che fa veramente male è vedere questa difficoltà nei rapporti umani.

Crede che sia questa la ragione principale del tracollo elettorale del PD? 

Assolutamente sì. Il paradosso è che in Parlamento delle cose buone sono state anche fatte. Dalla legge sulla parità salariale, all’assegno per i figli, alle misure sul lavoro operate dal ministro Orlando. Ma non lo sa nessuno perché manca totalmente il rapporto con la società. Questa è una cosa assurda, fuori dal mondo. Questo è un punto di una sofferenza inaudita per me che arrivo da quella storia. Ma come si fa a essere maltrattati davanti alla Fiat Mirafiori dove noi siamo cresciuti, che ci ha insegnato, dove c’eravamo sempre noi. Ma dove siamo finiti?

Da qui, on Turco, può provare a risollevarsi il PD?

Si questo è il punto di rinascita della sinistra. La sinistra rinasce se torna a prendersi cura delle persone. Da lì si costruiscono pensieri, progetti, idee e una visione della società. In questi anni abbiamo perso traccia, qualunque capacità di dialogo, è pazzesco. Ma, e voglio ripeterlo, avere un rapporto non vuol dire solo dare qualche volta un volantino, o lanciare qualche tweet. No, no. Vuol dire mettersi in gioco, costruire relazioni umane, sottolineo relazioni umane, perché il dramma più grave è che la gente non va a votare.  E tra gli astenuti ci sono molte donne.

E perché, secondo lei, c’è stato tutto questo astensionismo?

Perché gli elettori sentono che la politica è inutile, non legata ai loro problemi. Non basta fare qualche comizio. Bisogna incontrare, ascoltare, risolvere i problemi e tornare a verificare.

Lei ha spesso parlato delle donne. Secondo lei c’è un problema di maschilismo nel PD?

Sì credo che ci sia, credo ci sia un non adeguato riconoscimento del valore delle donne. Ed è un po’ singolare in un partito che ha un’età media giovanile che, quindi, dovrebbe aver recepito che le donne vivono, anche in famiglia, in una condizione di parità. Non capisco perché non lo trasmettano nella politica. Forse perché la politica è potere, è ipertrofia dell’Io. Mi lasci ricordare una cosa.

Mi dica.

Questo è il centenario della nascita di Berlinguer che fece uno dei suoi ultimi discorsi nel 1984 alla settima conferenza delle donne comuniste. In quell’occasione 2 migliaia di donne travolsero il partito con la critica al maschilismo. Berlinguer assunse questa critica. Io invierei a tutti dirigenti del PD le sue parole, come riflessione sul maschilismo. Però vorrei aggiungere anche una riflessione sulle donne.

Prego.

Le donne devono decidere non di stare accanto ai capi corrente ma di fare squadra tra di loro e di mettersi in gioco in prima persona.

On. Turco una leadership femminile del PD potrebbe aiutare?

Nel PD una leadership femminile c’è. Basta vedere le tante donne elette nelle amministrazioni, le donne sindache, le tante donne che si impegnano e che hanno ruoli nel partito. Va riconosciuta e valorizzata. La leadership non è la singola donna che svolge un ruolo apicale, questo lo lascio alla Meloni che è stata brava ma è sola, non ha una leadership femminile diffusa. Il PD ha una leadership ce l’ha, la valorizzi.

Cosa pensa dell’idea di affidare la leadership del PD a Elly Schlein?

Ho molta simpatia per Schlein ma io sono contraria al dibattito nel PD in cui si parla di nomi e non di problemi. Non parlo di nomi per una questione di approccio.

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