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Il rapporto Draghi infrange il dogma del libero mercato. Parla il prof. Viesti

Viesti Rapporto Draghi

Il rapporto Draghi suggerisce agli Stati membri di procedere sulla via dell’integrazione, anche del debito. La Germania ha già detto di no. Colloquio con il prof. Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari

Più competitività e un piano di investimenti da 800 miliardi l’anno per recuperare la distanza con gli Usa. Il rapporto sulla competitività europea, presentato dall’ex banchiere centrale Mario Draghi insieme alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, fornisce una serie di indicazioni all’economia e all’impalcatura istituzionale europea per aiutarla a ritagliarsi uno spazio nel nuovo, incerto, scenario internazionale.

ASSENZA DI COMPETITIVITÀ EUROPEA: IL TEMA DEGLI ULTIMI 15 ANNI

“Diciamo che sul ritardo di competitività europea rispetto agli Usa non scopriamo niente di nuovo – dice il professore Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari -. Mi pare, però, che non sia questo il punto centrale nella società europea contemporanea, diciamo che quello era il tema 15 anni fa e lo è ancora oggi”. Il rapporto Draghi, quindi, centra un colpo facile, la relazione sbilenca tra le economie del Vecchio continente e la competitività. “Il rapporto Draghi presenta luci e ombre – continua il professore -. Le luci sono nella necessità di un maggiore coordinamento europeo e nell’indispensabile attivazione di investimenti pubblici per la decarbonizzazione, la transizione ecologica, la competitività e l’innovazione”. E le ombre? “Il punto più problematico è l’enfasi sul riarmo e sull’industria della difesa. Cosa che tradisce lo spirito europeo e che rischia di dirottare i pochi fondi disponibili verso le esigenze militari”.

RAPPORTO DRAGHI: EQUILIBRISMO TRA RIGORE E PRAGMATISMO

Il rapporto Draghi appare come un intelligente equilibrismo tra rigore e pragmatismo. “Mario Draghi è un uomo di eccezionale valore ed è un onore per l’Italia averlo nel dibattito europeo – aggiunge il docente dell’Università di Bari -. È un liberista pragmatico e capisce che deve muoversi dall’ortodossia, dal pareggio di bilancio e dalla concorrenza. Tuttavia, il rapporto cade in una difficoltà di attuazione politica, perché da un lato riparte il Patto di stabilità, dall’altra il Next Generation Eu permanente vede molti grandi Stati membri contrari”.

IL PIANO DI INVESTIMENTI DA 800 MILIARDI

Difficile convincere la Banca centrale tedesca ad acconsentire a un piano di investimenti da 800 miliardi di euro annui. “La situazione in Germania è particolarmente fluida e particolarmente complessa. Per il momento il ministro delle Finanze (Christian Lindner n.d.r), un falco dell’austerità del partito liberale, ha subito detto che non se ne parla. Ma vediamo cosa succederà in Germania. Perché proprio questa pervicace ricerca dell’austerità di bilancio è alla radice del malessere popolare in Germania – spiega il professore -. Tra l’altro questo non è un aumento permanente di spesa corrente, sono investimenti sulla transizione verde che producono risparmio ed efficienza”.

RAPPORTO DRAGHI: LA REVISIONE PRAGMATICA DEL GREEN DEAL

Le indicazioni che arrivano dalla Commissione von der Leyen, prima ancora che dal rapporto Draghi, vanno nella direzione di una revisione del Green Deal in senso più pragmatico. “Su questo punto vedo due approcci molto diversi. Da un lato c’è quello delle destre europee che cercano di osteggiare il green deal – dice il prof. Viesti –. Dall’altro c’è un approccio pragmatico che guarda alle ricadute sociali del Green Deal. Io credo che gli obiettivi andrebbero mantenuti ma bisognerebbe occuparsi di più, molto pragmaticamente, del periodo di transizione, cioè di quello che succede all’industria europea, altrimenti il rischio è che la transizione verde vada ad acuire i problemi dell’occupazione e ad aumentare le disparità sociali. A tal proposito una novità interessante, che a me non piace, è che il nuovo partito della sinistra tedesca è un partito antiecologista che accoglie le preoccupazioni dei ceti più deboli”.

L’AUSTERITÀ NON RISOLVE IL PROBLEMA DEL DEBITO

Il rapporto Draghi in due passaggi sembra che parli direttamente al nostro Paese e agli altri Stati membri che si trovano in situazioni analoghe. Da un lato suggerisce che i paesi Ue si impegnino in percorsi di debito più sostenibili. “Io non sono d’accordo con Draghi. Ritengo che gli ultimi 12 anni abbiano dimostrato che l’austerità nelle finanze pubbliche non risolve il problema del debito – argomenta il professore -. Gli anni ‘10 hanno dimostrato che un paese come l’Italia, che ha avuto consistenti avanzi primari, si è ritrovato con un debito più alto perché gli avanzi primari hanno depresso la crescita. Dunque, il problema non è nel rapporto Draghi ma nella nuova versione del Patto di stabilità che è stata peggiorata rispetto alla proposta della Commissione”.

IL RAPPORTO DRAGHI SUGGERISCE DI DEROGARE DAL DIRITTO DI VETO

L’altro punto che può interessare l’Italia è l’invito ad approfondire l’integrazione europea ed estendere le materie in cui si procede, in sede europea, per voti a maggioranza qualificata. “Personalmente sono sempre stato favorevole a esperimenti di ‘Europa più velocità’, sul modello Schengen, quindi un nucleo forte con Francia, Italia, Spagna, Germania più altri paesi che vorranno aderire – aggiunge in professore -. Quanto alla maggioranza qualificata io vedo un clima politico molto difficile, le opinioni pubbliche nazionali in molti paesi non sembrano favorevoli a cedere il diritto del proprio paese di utilizzare il veto. Dobbiamo ricordare che la volontà popolare si esprime attraverso i parlamenti e i governi nazionali, bisogna capire le ragioni dei cittadini”.

MATERIE CRITICHE: NON ESISTE PIÙ IL PRINCIPIO DEL LIBERO COMMERCIO

Ulteriore passaggio molto interessante e alquanto avveniristico è quello sulla politica economica estera europea. Secondo Mario Draghi “per ridurre le sue vulnerabilità, l’Ue deve sviluppare una vera e propria ‘politica economica estera’ basata sulla sicurezza delle risorse critiche”. Una questione spinosa con la quale l’Europa sta cercando di relazionarsi. “Qui siamo nel mare aperto, nel senso che l’establishment di cui Draghi è parte si reso conto che le norme che hanno governato l’economia mondiale fino a qualche anno fa non esistono più – spiega il docente -. Quindi non esiste più il principio assoluto del libero commercio. Già da tempo gli Usa e l’Ue stanno cercando un approccio che si adatta, caso per caso, alle questioni internazionali. Questo approccio riguarda anche le forniture sulle materie critiche”.

Del resto, fu proprio la Commissione, qualche anno fa, a pubblicare una tabella che indicava quali fossero le materie prime critiche di cui l’Europa necessitava. “Siamo entrati in un mondo diverso, in un mondo assolutamente non stabile, nel quale bisogna muoversi senza sbattere né sugli scogli di Scilla, quindi dei dogmi del libero commercio, né su quelli di Cariddi, cioè un ritorno ai nazionalismi – chiosa il prof. Viesti -. Sarebbe un balzo indietro di un secolo. Il tema dei prossimi anni è trovare una rotta che ci tenga al riparo da entrambi. Il nuovo mondo richiede capacità di governo, poter compiere scelte. La Cina lo fa, gli Stati Uniti anche ma non l’Europa. Ecco il rapporto Draghi mi sembra il simbolo di un inizio, di un percorso di transizione dal vecchio mondo verso un nuovo che ancora non si vede”.

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