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Nel Piano Draghi c’è tutta la debolezza dell’Ue. Parla il prof. Sapelli
Il Piano Draghi chiede un nuovo Piano Marshall ma molto più ricco del piano americano. Tutti i dubbi del prof. Sapelli che teme resti lettera morta
L’ex premier italiano Mario Draghi ha presentato lunedì il suo rapporto per il rilancio dell’economia europea. Una disamina dettagliata di ciò di cui l’economia del nostro continente avrebbe bisogno per accorciare le distanze da quella statunitense. Quello prodotto da Draghi non è un documento che impegna l’Ue ma una linea di indirizzo che dovrebbe aiutare la Commissione von der Leyen a traguardare gli obiettivi di crescita del Vecchio Continente.
PIANO DRAGHI: PER L’EX PREMIER È UN RITORNO ALLE ORIGINI
Le proposte contenute nel rapporto Draghi non sembrano, però, apportare grandi innovazioni. “È un piano che contiene proposte accettabilissime che già gli economisti che criticano l’eccessiva politica dell’austerità europea sostengono da molto tempo, come la riduzione del debito senza diminuire la crescita. Per Draghi è un ritorno alle posizioni di quando era direttore della Banca centrale europea”. A parlare è il prof. Giulio Sapelli, economista, accademico, e, tra le altre cose, consigliere di amministrazione della Fondazione Eni Enrico Mattei.
IL RISCHIO CHE IL PIANO DRAGHI SI TRASFORMI IN UN LIBRO DEI SOGNI
Dunque, appare difficile essere in disaccordo con il piano Draghi. “Non c’è nulla di nuovo, l’importante è che queste idee vengano fatte proprie dalla Commissione europea”. Cosa non affatto scontata. “Come ci insegna la teoria economica ma anche la politologia, queste soluzioni, generalmente, restano nei libri dei sogni”. A rendere particolarmente debole il piano Draghi sarebbe proprio l’assenza di incarichi istituzionali del suo estensore. Per essere efficace, invece, dovrebbe “essere prodotto dalle strutture decisionali, da coloro che prenderanno delle decisioni. Questi documenti si rivolgono alla burocrazia celeste, cioè all’immensa burocrazia come quella dell’Unione europea che, come sa, ha suscitato in questi ultimi tempi le proteste anche degli industriali”.
UNA MOSSA POLITICA CHE PUÒ INCONTRARE ALMENO DUE OSTACOLI: LA BUROCRAZIA EUROPEA E LA BANCA CENTRALE TEDESCA
Quindi il piano appare “un’operazione politica che la presidente Von der Leyen ha messo in campo per assicurarsi una maggioranza, ma non credo che tali proposte saranno implementate dalla macchina burocratica dell’Unione europea che mi pare, invece, continua ad andare da un’altra parte”.
Il rapporto Draghi mette nero su bianco che “sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023”. E qui gli ostacoli non si fermano a Bruxelles ma arrivano fino a Francoforte. “Soprattutto deve essere convinta la Banca centrale tedesca. Questo sarebbe stato un documento importante se l’avesse scritto la Banca centrale tedesca che è il principale ostacolo all’attuazione di queste politiche – continua il prof. Sapelli -. Queste sono le politiche che Draghi faceva quando era stato scelto come presidente della Banca centrale europea e ci ha salvato dalla crisi, ha salvato le banche europee dalla crisi con il “whatever it takes”, non c’è molta differenza”.
MANCA IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
“Queste cose – sottolinea ancora il prof. Sapelli – si fanno con la principio di sussidiarietà, facendo delle riunioni con le grandi imprese, con le élite politiche. Non incaricando Mario Draghi, che è un uomo per bene, specchiato, che ha avuto una sua posizione importante dal punto di vista delle relazioni internazionali”. Questa operazione, quindi, lungi dal tradursi in pratica appare “un’operazione di vertice o di immagine” utile alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen per “assicurarsi una nomina con il consenso più ampio possibile. Ma è il libro dei sogni, rimarrà quello”.
PIANO DRAGHI: ESEMPIO DELLA DEBOLEZZA DELL’UNIONE EUROPEA
Il tanto atteso piano Draghi, dunque, rischia di rimanere lettera morta. E questa potrebbe non essere la notizia peggiore per l’Unione europea. “Non è un buon segno che l’Europa si debba ridurre a ricorrere a figure importanti ma che non sono stati eletti da nessuno – sottolinea il prof. Sapelli -. Francamente queste operazioni sono deleterie per la democrazia europea”. La politica, insomma, è un’altra cosa. “Il decision making è altra cosa e passa per il principio di sussidiarietà, se quest’ultimo manca tutto rimane un libro dei sogni. Non è così che si affrontano i problemi dell’economia in un momento di terribile tensione internazionale”. Un modus operandi che mostrerebbe, qualora ve ne fosse bisogno, la “debolezza dell’Unione europea, che è cosa diversa dall’Europa. L’Unione europea è un insieme di tecnocrazie con alcune democrazie”.
Tuttavia, una ricaduta concreta potrebbe esserci. “Sono stati presi degli accordi e bisogna rispettarli. Il piano Draghi, così come il piano Letta, dovrebbero servire a modificare i Trattati. Se servono a modificare i Trattati è un passo avanti, altrimenti non servono a niente”.