Intervento a tutto campo del presidente del Senato alla festa di Fratelli d'Italia a Lido…
Il Reddito di cittadinanza non c’è più. Parla il prof. Michel Martone
Il governo Meloni manda in soffitta il Reddito di cittadinanza. Conversazione con il professore ed ex viceministro Michel Martone
Il Reddito di Cittadinanza sta andando in pensione. Come promesso in campagna elettorale il governo ha consegnato alla storia la misura che, nelle intenzioni del governo Conte I avrebbe dovuto “abolire la povertà” grazie all’erogazione di un sostegno mensile che poteva arrivare fino a 780 euro. Il governo Meloni ha sostituito il Reddito di cittadinanza con due nuovi strumenti: il primo è l’assegno di inclusione, che entrerà in vigore da gennaio per le famiglie più fragili, quelle in cui c’è almeno un minore, un over 60 o una persona con disabilità, e il secondo è il supporto per la formazione e il lavoro, per le famiglie in cui c’è almeno una persona ritenuta in grado di lavorare. Per il primo gruppo di persone cambierà molto poco, da agosto a gennaio continueranno a ricevere il reddito di cittadinanza. Gli altri nuclei familiari riceveranno un sussidio meno ricco, 350 euro, e con vincoli più stringenti: sarà erogato dal 1° agosto, su richiesta, al massimo per un anno e solo si frequenteranno corsi di formazione o ad altri progetti di politiche attive per il lavoro.
Delle novità che riguardano il Reddito di cittadinanza ne abbiamo parlato con il prof. Michel Martone, giurista e viceministro del lavoro e delle politiche sociali del Governo Monti.
È stata superata la stagione del Reddito di cittadinanza. Come valuta questo cambio di passo?
Ma più che un superamento direi che è un’evoluzione del Reddito di cittadinanza, nel senso che l’assegno di inclusione mira a coprire una platea vasta. Ha ritenuto di escludere alcune categorie, ma mantiene comunque un approccio inclusivo.
La Cgil ha detto che con lo stop al Reddito di cittadinanza ci saranno centinaia di migliaia di persone che si ritroveranno senza sostegni. Secondo lei ci sarà il rischio di tensioni sociali?
Questo lo vedremo nei prossimi mesi. È chiaro che per alcune persone si tratta di un provvedimento molto importante ed era concentrato specialmente in alcune regioni, in particolare in Campania e Sicilia. Quindi è possibile che in quelle regioni si abbiano dei movimenti ma non credo che le tensioni sociali saranno fortissime. Anche perché già nei mesi precedenti a questi provvedimenti c’era stata la riduzione delle domande di Reddito di cittadinanza.
Secondo lei come si può evitare che una misura di sostegno economico per le persone in difficoltà si trasformi in un’entrata extra e un disincentivo all’emersione per chi lavora nell’economia sommersa?
È necessario rafforzare tutte i servizi ispettivi. È necessario dotare di maggiori risorse servizi ispettivi e di sviluppare una maggiore cultura della legalità nel mondo del lavoro. Non stigmatizzare il lavoro nero solamente in occasione degli infortuni. Ed è anche indispensabile mantenere e potenziare gli incentivi alle assunzioni.
La riforma che ha portato all’introduzione nel nostro sistema del Reddito di Cittadinanza è stata accusata essere monca di politiche attive. L’attivazione professionale può funzionare meglio con le nuove misure del governo?
Sarà necessario aspettare provvedimenti del governo per poterli valutare. Di sicuro se si vuole rendere un’efficace formazione professionale è necessario anche prevedere le risorse corrispondenti.
Secondo dati dell’Anpal il 74,3% dei beneficiari del Reddito di cittadinanza soggetti al Patto per il lavoro non ha mai avuto un contratto di lavoro dipendente o in para-subordinazione nei 36 mesi precedenti il 31 dicembre 2022. Molte di queste sono persone senza un’adeguata formazione al lavoro. Possono semplici corsi di formazione superare questi scogli?
Per le persone che sono fuori dal mondo del lavoro da molto tempo oppure hanno una formazione molto lontana dalle richieste del mondo del lavoro è necessario fare di tutto per cercare di reincluderle nel mondo del lavoro.
Il Governo ha deciso di intervenire su una macchina che tutto sommato era rodata, inserendo più attori nei processi di assegnazione delle risorse e di attivazione professionale. Secondo lei come si prevengono i rischi di ingorghi amministrativi?
Dal punto di vista dell’assegnazione delle risorse economiche non c’è mai stato alcun automatismo. Il punto non è quante persone controllano ma che il controllo sia efficace e più controlli non significa necessariamente maggiore efficacia. Quello che servirebbe è il criterio di responsabilità. Potenziare il criterio di responsabilità rispetto a chi assegna risorse, premiarlo se si assegna le risorse ai soggetti che hanno reale necessità e invece sanzionarlo che si rileva che ha assegnato risorse con troppa leggerezza.