skip to Main Content

Ecco il nuovo Riformista diretto da Matteo Renzi

Renzi Sansonetti

L’esordio oggi in edicola del nuovo quotidiano arancione passato di mano da Piero Sansonetti al senatore ed ex premier. I graffi di Damato

Benvenuto, naturalmente, a Matteo Renzi nel campo giornalistico col primo numero odierno del Riformista affidato dall’editore Alfredo Romeo alla direzione, per quanto editoriale e non responsabile, dell’ex presidente del Consiglio, leader di Italia viva e ancora socio con Carlo Calenda del sofferto ma sempre aspirante terzo polo della politica italiana. Che insegue lo scudetto di Montecitorio e dintorni come la squadra del Napoli quello del campionato calcistico di serie A in corso, cui peraltro il Riformista della nuova serie ha dedicato la sua prima pagina come copertina.

ECCO IL NUOVO RIFORMISTA, DA SANSONETTI A RENZI

Non manca certamente al senatore di Scandicci il coraggio, non so se più pari o inferiore alla vanità, letteralmente esplosa con quella modifica apportata alla testata che parla da sola. La vecchia erre nera e dritta ereditata da Sansonetti è diventata rossa, sbilenca e sottolineata, come scossa da una pedata del suo nuovo direttore, senza aggettivo. E’ diventata, a vederla, una erre come Renzi, stampato sotto sempre in rosso, più che come Riformista. Di cui egli nell’editoriale ha voluto indicare una specie di decalogo con spirito autobiografico.  Riformista -ha scritto sotto il titolo “A viso aperto”- è “uno che non va di moda”, oggi che “funzionano i sovranisti a destra, gli estremisti a sinistra e i populisti ovunque”. Riformista è uno che “studia, propone, lotta, poi sbaglia, cade, riparte….sempre animato dalla passione per la realtà, non per l’ideologia”.

    – Leggi qui tutti i graffi di Damato

Sembra risentire o rileggere Indro Montanelli ai suoi tempi alle prese col democristiano Amintore Fanfani, da lui soprannominato felicemente “Rieccolo”. Una cosa che inorgoglì a tal punto l’interessato da indurlo, quasi per riconoscenza, a procurare a Montanelli, quando ruppe col Corriere della Sera, gli aiuti che gli servivano a fondare il suo nuovo Giornale, nell’ormai lontano 1974. Che, in verità, finì per non essere un anno felice per il leader democristiano, uscito sconfitto clamorosamente dal referendum sul divorzio con effetti destinati a portare lo scudo crociato alla dissoluzione nel giro di vent’anni.

    – Leggi anche: Ddl Lavoro, i sindacati scendono in piazza: le prime pagine

Immagino gli scongiuri di Renzi a leggermi, se mai gli dovesse capitare di farlo, magari su indicazione di qualche comune amico che ancora si aspetta da lui, al pari di me, il coraggio di una rivisitazione politica, finalmente, di Bettino Craxi per farglielo preferire al ricordo -disse una volta, quando era segretario del Pd e presidente del Consiglio- dello storico segretario del Pci Enrico Berlinguer. Il quale aveva scambiato il modernismo del leader socialista, con il riformismo costituzionale, i tagli antiflazionistici alla scala mobile dei salari, il socialismo tricolore e altro ancora, per uno stupro alla sinistra.

Ciò nonostante, ripeto, benvenuto a Matteo Renzi nel campo giornalistico e alla sua scommessa sulla capacità di ripresa dell’intelligenza naturale -come ha scritto a conclusione del suo editoriale- di fronte alla paura forse eccessiva che sa provocando l’intelligenza artificiale.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top