skip to Main Content

Gli incontri Renzi-Conte visti dai giornali

Conte Renzi

I Graffi di Damato. L’oggetto ormai misterioso della verifica della maggioranza

Tra chi l’ha reclamata all’interno della maggioranza giallorossa – renziani e Pd, gli uni a passo di carica e l’altro con la solita diversità di toni – e chi l’ha dovuta subire, dopo averne contestato persino il nome, cioè il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i suoi referenti grillini, che fine abbia fatto o possa fare la verifica, ora che gli incontri a Palazzo Chigi risultano formalmente conclusi con l’annuncio, fra l’altro, di un’importante seduta del Consiglio dei Ministri fra Natale e Capodanno.

Saranno gli stessi giorni peraltro durante i quali, come ormai al solito, un ramo del Parlamento – in questo caso il Senato – dovrà approvare a scatola chiusa con la fiducia il bilancio discusso per modo di dire nell’altro ramo del Parlamento, anche lì con le strette e i bavagli della fiducia. Questo ormai è ciò che è rimasto del bicameralismo salvato, secondo i suoi cultori tradizionali, dalla riforma costituzionale tentata nel 2016 dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi. Che imprudentemente si era presentato al Senato annunciando che quella in procinto di chiedere sarebbe stata l’ultima fiducia a un governo nell’aula di Palazzo Madama. Quante fesserie capita di dire quando ci si avvolge nelle bandiere della retorica o dei sogni, cioè delle illusioni.

Della verifica – tornando al tema – non si sa se è fra le palle ancora appese all’albero di Natale allestito da Conte nei suoi uffici o fra quelle che un vignettista ha fatto buttare giù da Renzi in uno dei suoi riti o esercizi di rottamazione. La Stampa e il manifesto hanno parlato di “tregua” in attesa di un “rimpasto”, secondo  almeno il quotidiano orgogliosamente comunista, ma meno fiduciosamente Libero ha parlato di “tarallucci e vino tra Conte e Renzi” in attesa della “resa dei conti dopo le feste”.

Decisamente ottimistica, dal suo punto di vista, è stata la rappresentazione del Fatto Quotidiano con la garanzia di Luigi Di Maio  che “per noi c’è solo Conte”, anche se altri gli hanno attribuito e gli attribuiscono ancora sentimenti o ambizioni diverse, ma soprattutto con retroscena su un “pressing del Colle” al quale Renzi si sarebbe “arreso” ritirandosi dalla crisi.

Anche Romano Prodi ha voluto mettersi in questa girandola di notizie e impressioni spargendo consigli dal Corriere della Sera, come quello a Conte di andare più spedito nella sua azione, anche per non complicare i rapporti con l’Unione Europea così generosa con quei 209 miliardi di euro messi a disposizione dell’Italia per l’emergenza pandemica, e a Renzi di stare attento “alle discese e alle curve” in cui evidentemente sarebbe impegnato dopo avere esaurito la o le scalate. C’è da dire che da corridore provetto, che alla sua età percorre ancora un bel po’ di chilometri quasi al giorno, Prodi s’intende di cadute applicabili alla politica. Basta pensare ai suoi due brevi governi di cosiddetto centrosinistra – non uno solo – caduti a dieci anni di distanza, fra il 1998 e il 2008,  nelle curve delle discese impostagli dalle componenti più agitate della maggioranza, o dalle disavventure giudiziarie del suo guardasigilli Clemente Mastella.

Significativa mi sembra anche la prudenza mostrata oggi dall’immancabile Goffredo Bettini, che dall’interno del Pd, in una  intervista al Riformista, ha mostrato una certa inedita indifferenza alle sorti del governo, tenendo più alla necessità che il suo partito si riprenda “il popolo”. Vasto programma, avrebbe detto il compianto generale De Gaulle.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top