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La battaglia sugli asili nido è una moda. Serve una fiscalità per le famiglie. Parla De Palo (Forum per la natalità)
Colloquio con Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità e dal 2011 al 2013 assessore tecnico alla Famiglia, alla Scuola e ai Giovani del Comune di Roma, sui temi dei contenuti della Legge di bilancio e sulle politiche in favore delle famiglie e della natalità
Ieri il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha presentato il primo schema del Piano strutturale di bilancio al Consiglio dei ministri. Il documento, previsto dal nuovo Patto di stabilità, sostituisce la nota di aggiornamento al Def. L’Italia, come molti altri paesi Ue, non riuscirà a rispettare la scadenza del 20 settembre per la presentazione del PSB a Bruxelles, ma lo inoltrerà entro il 15 ottobre.
Le settimane che hanno preceduto la compilazione del PSB sono state ricche di indicazioni circa i contenuti del piano. Dal Ministero dell’economia è arrivata l’indicazione, in accordo con Palazzo Chigi, di riservare una particolare attenzione alle famiglie e al ceto medio attraverso proposte di fiscalità agevolata.
Di questi argomenti ne abbiamo parlato con Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità e dal 2011 al 2013 assessore tecnico alla Famiglia, alla Scuola e ai Giovani del Comune di Roma.
Questi sono giorni caldi per la composizione della Legge di bilancio. Secondo lei quali sono le priorità per famiglie e ceto medio?
Allora tocca fare una premessa. Da oltre vent’anni tutti i bilanci seguono la logica secondo la quale la somma degli interessi particolari fa il bene comune. Ecco, così non andremo lontano perché il bene comune non è la somma degli interessi di pensionati, sindacati, disoccupati e, per esempio, famiglie. Seguendo questa logica non si fa un ragionamento generale ma si parcellizzano le poche risorse a disposizione.
Qual è il rischio di questa impostazione?
Si rischia, come ogni anno, di scontentare tutti senza impattare realmente sulla vita delle persone. Sarebbe meglio concentrarsi su una Legge di bilancio che mette al centro le famiglie, che automaticamente sono il comune denominatore di pensionati, disoccupati e lavoratori. Il tema centrale su cui andrebbero concentrate le risorse è una fiscalità familiare equa. Sono ottant’anni che in Italia le tasse non si pagano in base alla composizione familiare ma in base al reddito. Però un reddito da 30mila euro per una persona sola non vale quanto un reddito da 30mila euro per una persona con tre figli.
Negli ultimi giorni è emersa, nel dibattito mediatico, la proposta di inserire in Legge di bilancio strumenti che calibrino la fiscalità a favore delle famiglie. È sufficiente?
Noi dobbiamo sempre ricordare che partiamo con ottant’anni di ritardo. Questo è il vero problema. Sarebbe molto importante dare un segnale culturale, far capire che tutti pagano le tasse per tutti; quindi, un pezzetto delle nostre tasse va ad aiutare chi è in difficoltà, questa è la bellezza del welfare occidentale. Perciò, se oggi si investono delle risorse sui figli, sulla natalità, su chi oggi ha dei figli, automaticamente queste risorse serviranno poi anche a chi oggi non ha potuto o non ha voluto avere dei figli, perché il suo sistema di welfare si reggerà sui bambini che sono nati oggi. C’è uno stretto legame intergenerazionale che dovrebbe farci tifare tutti per politiche a favore della famiglia. Perché i bambini che nascono oggi, un giorno saranno fondamentali per il welfare e per il prodotto interno lordo anche di chi oggi non ha potuto o ha scelto di non avere figli.
Gli strumenti fiscali aiutano davvero la natalità? C’è chi ha qualche dubbio e suggerisce che sarebbero i servizi a incentivare la natalità.
Chi dice che servono i servizi dice una mezza verità. Le faccio un esempio. Chiunque voglia costruire una casa prima di tutto lavora alle fondamenta e poi a tutto il resto. Quindi, prima si predispone l’impianto culturale, anche a livello di tassazione, che ci fa capire quali sono le priorità. Il nostro problema è che in Italia non si è mai fatto un ragionamento serio relativamente alle politiche familiari e a un fisco che tenesse conto della composizione familiare. La tassazione è importante perché dà l’idea di dove stiamo andando.
Quali dovrebbero essere le fondamenta?
Le fondamenta sono semplici: una tassazione equa per le famiglie. Oggi la nascita di un figlio è la seconda causa di povertà in Italia. Questo dato ci fa capire quanto la tassazione sia iniqua, quanto le famiglie vengano abbandonate. Le fondamenta sono, anche, la possibilità per i giovani di avere, il prima possibile, un lavoro a tempo indeterminato e con stipendi adeguati, che permettano di costruire, di progettare, di avere accesso a una casa. Dopo, ma solo dopo aver costruito queste fondamenta che sono imprescindibili, si può pensare ai servizi, gli asili nido, al congedo parentale, all’armonizzazione tra lavoro e famiglia. Tutto serve ma prima occorre costruire le fondamenta.
Eppure, il tema della mancanza di posti negli asili nido è centrale nel dibattito sul welfare. Anche il Pnrr ne aveva previsto un intervento per il potenziamento infrastrutturale di asili nido.
Io vado in totale controtendenza da questo punto di vista. Il tema degli asili nido è una grande moda. Oggi in Italia ci sono quasi 325mila posti negli asili nido. Inoltre, grazie ai finanziamenti del Pnrr, si stanno costruendo altri 200mila posti. Nel nostro paese nascono circa 374mila bambini. Quindi qual è il tema? Il tema è che si devono costruire gli asili nido dove realmente c’è necessità, come per esempio nel Sud Italia dove ce ne sono pochi. L’errore, a mio avviso, non è stato destinare risorse alla costruzione degli asili nido ma non gestire, a livello statale, la loro collocazione territoriale.
Tra l’altro, ricordo che il costo più grande per gli asili nido non è nella costruzione ma nella gestione. Io ho fatto l’assessore al Comune di Roma, mi occupavo di asili nido, la Regione costruiva gli asili e per noi era un problema trovare le risorse per gestirli, perché in Italia costa circa 1.700 euro al mese per ogni bambino. Non bisogna seguire le mode ma essere molto concreti, molto razionali soprattutto quando le risorse sono poche
All’interno del Piano Strutturale di Bilancio dovrebbe essere previsto un capitolo corposo per la spesa sanitaria. È ciò di cui il nostro paese ha bisogno?
Il vero problema, per quello che riguarda la sanità pubblica, è che tra un po’ crollerà. La sanità pubblica si sostiene se si fanno ripartire le nascite. Questo è il vero investimento che andrebbe fatto perché la sanità pubblica non si regge in una situazione di squilibrio intergenerazionale. Questo è il tema. Quindi l’investimento maggiore per la sanità pubblica è una ripartenza della natalità, perché altrimenti ci saranno tante risorse nella sanità pubblica, ma il sistema non reggerà e quindi rischia di perdere l’aspetto universalistico.
L’attribuzione al commissario Fitto, ed ex ministro per gli affari europei e il Pnrr, della vicepresidenza esecutiva a coesione e riforme può aiutare a porre la questione della natalità anche a livello europeo?
Sicuramente la depressione della natalità è una questione europea. Però, tutte le persone che si sono avvicendate nel lavoro relativo al PNNR della natalità non hanno detto una parola. Abbiamo pensato di usare i soldi del PNNR, che sono stati quasi un piano Marshall per l’Italia, indipendentemente dal crollo delle nascite. Io sono sempre un tifoso dell’Italia, è chiaro che il bene dell’Italia viene prima di tutto, però è anche vero che dobbiamo darci una svegliata da questo punto di vista, perché sta diventando un problema.