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Stampa e politica ai tempi del Coronavirus

Coronavirus

I Graffi di Damato sulla rassegna delle imperdibili vignette di Rolli sul Secolo XIX, che ha saputo mescolare da par suo coronavirus e politica

Di coronavirus, per quanto gli esperti ci tranquillizzino con le solite statistiche che fanno sazi anche gli affamati, si può certo morire. E in modo persino odioso, con una selezione delle vittime che avrebbe fatto invidia ad Hitler e alla sua organizzazione del diavolo per liberarsi di ebrei, nomadi, vecchi, disabili e via inorridendo. Ma di coronavirus, senza avvolgerlo in una svastica, si può anche ridere o sorridere, giusto per non lasciare al solito Silvio Berlusconi il monopolio delle battute e delle barzellette, o al devoto Vittorio Feltri l’invettiva sarcastica contro il solito “Paese delle banane”, dove “tutti danno consigli ma nessuno impone ordini”. Vi propongo di venirmi appresso nella rassegna delle imperdibili vignette di Stefano Rolli sul Secolo XIX, che ha saputo mescolare da par suo coronavirus e politica.

Al primo accenno del solito Matteo Salvini di chiudere frontiere e quant’altro, il 22 febbraio Rolli oppose, laconica, la risposta del mostriciattolo che stava già comodamente al posto giusto per fare danni, senza bisogno di varcare confini di terra, di acqua e di aria. Nessuno se n’era accorto ma c’cerano cantieri di coronavirus un po’ dappertutto, impegnati ad avvertirci domenica 23 febbraio: “Niente panico, lasciateci lavorare”.

Martedì 25 febbraio il mostriciattolo poteva vantarsi di avere “preso tutti al supermercato”, forse senza fare neppure un centesimo di spesa. E il 26 lo stesso coronavirus travestito da portavoce di chissà quale Ministero poteva annunciare anche allo sbigottito Salvini che “molti Paesi europei rifiutano il ricollocamento dei padani” in fuga dalle loro terre presidiate da posti di blocco.

Il giorno dopo, con un’altra interferenza politica nelle polemiche non ancora sopite nella maggioranza giallorossa, il mostriciattolo si metteva a disposizione del presidente del Consiglio per togliergli di mezzo i più irrequieti passeggeri del suo convoglio di governo. Ma il livello di guardia e di pericolo saliva il 28 febbraio con Sergio Mattarella in persona, al Quirinale, che ricordava al coronavirus in agguato tra arazzi e stucchi la “immunità” anche infettiva  garantitagli dall’articolo 90 della Costituzione.

Sabato 29 febbraio approdava sulla punta della matita di Rolli l’allarme “pandemìa”, tradotto nell’assicurazione dei mostriciattoli di essere “contenti” di vederci così tanti e insieme.

Generalmente risparmiati sino a quel momento forse per una certa concordanza di vedute e aspirazioni sulla cosiddetta decrescita felice, il coronavirus ha bussato alla fine anche alla porta già sfasciata dei grillini col rinvio forzoso o forzato del referendum confermativo del taglio dei 345 seggi parlamentari imposto a deputati e senatori come ai tacchini di turno. “Anche voi con la casta?”, ha fatto fa chiedere Rolli da Luigi Di Maio, allibito, ai mostriciattoli nella vignetta di venerdì 6 marzo.

 

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