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La questione Nord, Romeo e Zaia: le ultime spine di Salvini
Il Nord agita la Lega e pungola Salvini, “ora una svolta”. Sullo sfondo il nodo Zaia e le polemiche sui temi che abbracciano l’agenda di governo
Nella Lega, ormai, sembra non esserci un momento di serenità. Non solo il processo a Salvini per il caso Open Arms, le tegole sull’autonomia e le polemiche sul progetto del Ponte sullo Stretto. Ci sono anche le tensioni interne, che si intensificano, con il Nord che torna a chiedere spazio e ascolto. L’elezione di Massimiliano Romeo alla guida del partito in Lombardia, in tal senso, è stata interpretata da alcuni come un warning.
Sebbene Romeo non appartenga al cerchio ristretto di Matteo Salvini, è riuscito a conquistare la segreteria lombarda, ottenendo il sostegno di esponenti di peso come il governatore Attilio Fontana. “Dobbiamo tornare a parlare del Nord” è lo slogan che riecheggia tra i militanti, trasformandosi in una richiesta di sterzata nella gestione del partito. Come emerge del resto dall’intervista odierna allo stesso Fontana sul Corriere della Sera: “La segreteria del partito dia più attenzione al Nord, serve un cambio di passo”. A Salvini le orecchie fischiano sempre di più.
I DIRIGENTI DEL NORD ELLA LEGA ALZANO LA VOCE: UN RITORNO ALLE ORIGINI?
Romeo nel frattempo ha già annunciato la convocazione del primo consiglio direttivo per definire strategie volte a coinvolgere la base e rilanciare i temi fondanti della Lega: produttività, autonomia e gestione diretta delle risorse. La sua elezione da alcuni è stata vista come l’ultima manifestazione di un malcontento diffuso tra i dirigenti settentrionali, stanchi di vedere accantonate le istanze del Nord in nome di un progetto nazionale che appare sempre più distante dalla realtà dei territori produttivi. La tensione si riverbera anche nei confronti di iniziative come il Ponte sullo Stretto, che i salviniani difendono come opera strategica per l’intero Paese, ma che al Nord appare come un simbolo delle priorità sbilanciate del partito.
LA FRATTURA NEL CARROCCIO TRA NORD E SUD E IL NODO ZAIA
Questa levata di scudi non fa altro che acuire e rendere plastica la spaccatura interna, che ha radici anche regionali. Da una parte, come detto, il Nord produttivo, che reclama maggiore autonomia e attenzione alle proprie problematiche; dall’altra, un Centro-Sud che sembra più allineato alla leadership di Salvini. A partire dalla figura e dal ruolo del neo vicesegretario nazionale Claudio Durigon, laziale, di Latina.
In Veneto, il governatore Luca Zaia si trova sotto attacco da Fratelli d’Italia, che ambisce a conquistare la regione. Per la Lega, perdere il Veneto rappresenterebbe “una Caporetto”. La proposta di Salvini di rinviare le elezioni regionali al 2026 per allinearle a quelle comunali ha trovato sì il sostegno di Zaia, ma anche l’opposizione netta di Forza Italia, soprattutto in Campania. Proprio qui, nella regione guidata da Vincenzo De Luca, il leader della Lega punta gran parte delle proprie fiches, dove il centrosinistra è diviso e una vittoria sembra possibile. Tuttavia, molti esponenti lombardi avvertono che concentrare gli sforzi al Sud rischia di alienare ulteriormente il Nord.
AUTONOMIA E CENTRALITA’ DEL NORD: QUESTIONE NAZIONALE
Anche il tema dell’autonomia torna al centro del dibattito interno. Sono ancora i due frontman del Carroccio sul territorio, Attilio Fontana e Luca Zaia, a ribadire l’importanza di affrontare questa sfida non come una questione locale, ma come un problema nazionale. “Se il Nord rallenta, crolla tutto il Paese”, avverte Fontana, ribadendo che la produttività del Nord è il motore dell’intera economia italiana. L’autonomia, secondo i governatori leghisti, rappresenta la chiave per consentire alle regioni settentrionali di gestire le proprie risorse in modo più efficace, senza i vincoli imposti da Roma. Tuttavia, nonostante due anni di governo, i progressi sono stati scarsi, alimentando il malumore della base.
Anche il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa, ha provato a difendere il lavoro del partito, sottolineando il peso dei ministri lombardi nell’esecutivo e gli sforzi di Salvini per sbloccare cantieri nel Nord Italia. Tuttavia, per i critici interni, questi risultati non bastano. Il non detto è che la leadership di Salvini abbia perso di vista le radici del partito, rischiando di indebolire ulteriormente il consenso al Nord.
In questo quadro di divisioni e tensioni, Matteo Salvini affronta una settimana cruciale. Venerdì è attesa la sentenza del processo Open Arms, in cui l’ex ministro dell’Interno rischia sei anni di carcere.