Conversazione con Pietro Pittalis (Forza Italia) vicepresidente della Commissione Giustizia della Camera
Il prossimo 2 febbraio sarà dibattuta in commissione Affari costituzionali della Camera una proposta di legge a firma Enrico Costa e Roberto Giachetti del Terzo Polo, che vorrebbe introdurre la separazione delle carriere dei magistrati. Sullo stesso argomento c’è una proposta di Forza Italia, il cui primo firmatario è Tommaso Calderone. La separazione delle carriere dei magistrati sarebbe una vera e propria rivoluzione per il nostro ordinamento, e si inserisce in un più ampio quadro di riforme che vanno da una dibattuta revisione delle intercettazioni alla depenalizzazione di alcuni reati. Quest’ultimo punto si intreccia con il tema del sovraffollamento delle carceri, e sulla qualità della vita dei detenuti. Questione di assoluta attualità (si pensi al caso Cospito) e sul quale il ministro Nordio è intervenuto anche nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Di tutti questi argomenti ne abbiamo parlato con l’onorevole Pietro Pittalis (Forza Italia), vicepresidente della commissione giustizia della Camera dei Deputati.
Secondo lei perché la contiguità tra magistrati requirenti e giudicanti sarebbe un ostacolo alla terzietà della magistratura?
Nel lontano 1989 c’è stata una riforma che ha mutato l’impianto del processo, siamo passati da un impianto inquisitorio a quello accusatorio, proprio a cura dell’allora ministro Vassalli, alla cui logica garantista il nostro processo deve potersi adeguare. E quindi non c’è una distinzione di forma ma di sostanza, perché bisogna distinguere le funzioni giudicanti da quelli ricreduti. Quindi dovranno essere previsti concorsi separati, formazione e carriere distinte e immuni da interferenze. Nessuno mette in discussione l’indipendenza del potere giudiziario, tant’è che nella nostra proposta la separazione delle carriere implica proprio una duplicazione degli organi di autogoverno: abbiamo previsto l’istituzione di due differenti consigli superiori della magistratura, l’uno come forma di autogoverno dei magistrati giudicanti e l’altro per quelli requirenti. Si tratta di dar seguito a un principio che deve riportare il ruolo anche della difesa in posizione che non sia di subalternità rispetto all’accusa, ma proprio in ossequio a quel principio della cosiddetta parité des armées, che era la caratteristica dell’innovazione introdotta dalla riforma Vassalli, che però poi insomma, sappiamo benissimo come nell’applicazione pratica sia stata totalmente disattesa.
Quello che viene proposto è veramente una rivoluzione rispetto a ciò che oggi a come oggi organizzata la magistratura. Come si convincono i magistrati che non è un attacco alla loro indipendenza?
Intanto le riforme si fanno per far funzionare meglio il sistema, non per convincere qualcuno. Io penso che se una parte della magistratura, la iniziale proprio dallo stesso ministro Nordio, e la pressoché totale unanimità dell’avvocatura italiana nelle sue diverse espressioni sostiene questa riforma e mi pare che sia arrivato il momento di cambiare. E, ripeto, non vuol dire fare qualcosa contro qualcuno o per appesantire il sistema. Anzi l’obiettivo è renderlo più snello, garantire una qualità dell’offerta anche di giustizia che i cittadini attendono. E soprattutto, ripeto, attuare la separazione delle carriere, giudicante e requirente della magistratura, significa confermare quella logica garantista alla quale il nostro processo penale deve adeguarsi senza intaccare la terzietà, appunto l’imparzialità del giudice e l’indipendenza della magistratura stessa.
Sullo stesso argomento c’è una proposta di legge del Terzi Polo. La riforma della giustizia sarà fatta in accordo con l’opposizione dialogante?
Noi abbiamo inaugurato una stagione nuova. Grazie anche alla disponibilità mostrata dal Ministro Nordio, con un’apertura a tutte le forze che vogliono dare il loro contributo per mettere in atto queste riforme che non sono interventi occasionali, fatti per tappare qualche buco. No, sono riforme di sistema che come tali richiedono il massimo della partecipazione per chi vuole dare il proprio contributo. Noi registriamo segnali positivi da una parte dell’opposizione. Mi sembra che ci siano tutte le condizioni, finalmente, perché si possano fare riforme serie che aiutino il sistema giustizia a funzionare, con benefici per i cittadini e sull’organizzazione del lavoro dei magistrati.
Nell’ultimo intervento pubblico del ministro Nordio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha parlato delle condizioni delle carceri italiane. Che tipo di interventi sono in previsione per questo argomento?
Questo è un tema che non è di oggi ma purtroppo si ripresenta a ogni legislatura con problematiche davvero molto gravi. Le problematiche sono tante, dal sovraffollamento all’edilizia carceraria. Bisogna affrontare il tema avendo anche la sensibilità di procedere a una depenalizzazione di una serie di reati che potrebbero alleggerire il carico delle carceri italiane. Poi per talune fattispecie di reato, quelle meno gravi e che non creano allarme sociale, si potrebbe sostituire al carcere la misura meno afflittiva della permanenza nel domicilio o nelle comunità. Quindi da un lato bisogna intervenire sul codice di procedura penale, ma bisogna intervenire anche all’attuazione dei progetti che prevedono l’adeguamento dell’edilizia penitenziaria. L’espiazione della pena deve essere anche finalizzata alla rieducazione e al reinserimento sociale dei condannati. Sono tutti elementi che teniamo ben presenti perché anche lo stato di salute delle carceri è una delle priorità della nostra agenda politica.
Quali sono le altre priorità della riforma della giustizia.
Intanto, come ha accennato il ministro Nordio, si tratta di capire quali sono gli interventi necessari nel campo del settore civilistico, abbiamo ancora processi troppo lenti. Bisogna capire se le innovazioni introdotte con la riforma Cartabia colgano nel segno o se anche in questo settore si impongano degli interventi per migliorare l’efficienza del processo civile. Altri settori di intervento, e che hanno costituito oggetto del dibattito politico, sono le intercettazioni. Tali strumenti vanno anche rafforzati per contrare i reati di mafia e terrorismo, ma vanno eliminate le distorsioni che si producono con la divulgazione e che, l’abbiamo visto anche nel recente passato, distruggono vite e carriere. Altri settori di intervento riguardano l’eliminazione del reato di abuso d’ufficio, la revisione del reato di traffico di influenze illecite, fattispecie che va meglio definita perché oggi rappresenta un contenitore volutamente indeterminato dove la condotta non è tipizzata, e poi la revisione della legge Severino.
Ci spiega meglio quest’ultimo aspetto?
Bisogna eliminare quell’obbrobrio giuridico per cui un parlamentare può essere sospeso se la sentenza diventa definitiva. Per un consigliere comunale o regionale è sufficiente una sentenza di primo grado perché sia sospeso dalle funzioni. Mi pare anche questa una disparità di trattamento contraria al principio di presunzione di non colpevolezza. Anche su questo versante riteniamo di intervenire con urgenza.