Il Pd si conferma primo partito per il 2 per mille, mentre FdI incassa circa…
La torrida estate politica
La campagna elettorale che c’è ma qualcuno finge di non vedere
Maturata in aprile, la storia pasticciata del “governatore” lombardo, e leghista, Attilio Fontana e della fornitura di camici e set sanitari finita improvvidamente – va detto – ad un’azienda del cognato partecipata dalla moglie dello stesso Fontana, si trascinava da maggio. E il giornale di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano – ha tutte le ragioni, per carità, di vantarsi di averla scoperta, poco importa se a caso o meno, guadagnandosi l’attenzione di una trasmissione televisiva della Rai e poi della Procura di Milano. Disgraziatamente, non so francamente se più per Fontana, per il suo partito, per gli inquirenti e per i giornalisti arrivati prima di loro sulla polpetta, chiamiamola così, gli sviluppi dell’indagine sono esplosi in questa fine di luglio col coinvolgimento diretto del “governatore”. Le virgolette sono d’obbligo perché i costituzionalisti storcono il muso quando si chiama così, all’americana, il presidente di una giunta regionale in uno Stato che non è federale come la Repubblica d’oltre Oceano.
Che cosa ha di strano – potrebbe chiedermi qualcuno – questa fine di luglio? Lo ha chiesto, per esempio, incredulo ai suoi lettori proprio Travaglio commentando a suo modo, cioè assai negativamente, le proteste dei leghisti, a cominciare dal loro capo Matteo Salvini, e dei loro alleati del centrodestra, ritrovatosi improvvisamente compatto in un passaggio di questa torrida estate politica, contro la cosiddetta “giustizia ad orologeria”. La cui campana batte i colpi in coincidenza con una crisi, o minaccia di crisi, o una formazione di governo, o una campagna elettorale. Il direttore del Fatto Quotidiano ha sfidato, diciamo così, Salvini a “spiegare quali sarebbero gli eventi elettorali influenzati dall’indagine” su Fontana, “visto che siamo a fine luglio”, appunto.
Stento a credere, francamente, che Travaglio sia l’unico giornalista, o direttore di giornale, a non essersi accorto che in Italia da almeno il 17 luglio, quando è stato pubblicato il decreto per il rinnovo autunnale – il 20 e il 21 settembre – delle amministrazioni regionali e comunali già scadute e prorogate nella scorsa primavera per l’emergenza virale, è in corso ormai una gigantesca campagna elettorale. In cui ci sono partiti, di opposizione ma anche di governo, che rischiano pure l’osso del collo. È peraltro una campagna elettorale abbinata per ragioni di risparmio a quella, abbastanza in sordina, per il referendum nazionale confermativo della riforma costituzionale che riduce di 230 seggi la Camera e di 115 il Senato da eleggere la prossima volta.
All’esito delle elezioni amministrative di settembre è appesa la sorte stessa del governo, specie se il Pd dovesse uscirne male pagando i condizionamenti grillini subiti dall’anno scorso. L’ultimo dei quali si è appena tradotto nella “morbosa attenzione” contestata personalmente dal presidente del Consiglio al Pd per prestiti agevolati europei immediatamente disponibili -diversamente dagli altri fondi appena varati al vertice di Bruxelles – e destinati al potenziamento del servizio sanitario messo a dura prova dall’emergenza virale, peraltro ancora incombente.
Le regioni di cui a settembre saranno rinnovati i Consigli sono ben sette: Valle d’Aosta, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia. I Comuni sono più di mille, di cui 14 capoluoghi di provincia e 4 di regione. Ne risparmio l’elenco dettagliato a chi legge a causa dello spazio che ho autonomamente assegnato ai miei graffi quotidiani per ragioni, diciamo così, di gusto, o di igiene mentale.