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Le piazzette dei No green pass e le piazze dei Sì vax

Green Pass

In migliaia in piazza contro Draghi, in centinaia di migliaia a prenotare il vaccino

In questa Italia “divisa” dal green pass, secondo l’enfatica rappresentazione di Libero stampata in rosso, credo che più delle “migliaia in piazza” sottolineate dal Corriere della Sera contro il governo e le sue decisioni sul lasciapassare sanitario, necessario per accedere a luoghi e servizi a rischio di contagi, contino le centinaia di migliaia di persone, generalmente ignorate o sottovalutate nei titoli di prima pagina dei giornali, che hanno prenotato la vaccinazione dopo l’appello del presidente del Consiglio Mario Draghi. Il quale ha equiparato chi “invita a non vaccinarsi” a chi “invita a morire”. E pazienza se il cretino di turno, cui nonostante tutto auguro di poterla fare franca davvero nella pandemia senza il vaccino, è sceso in piazza a Milano con un cartello che fa assomigliare Draghi a Hitler. E altri a Genova, sempre in piazza, hanno innalzato uno striscione per chiedere allo stesso Draghi e al presidente francese Emmanuel Macron, pure lui convinto della necessità delle vaccinazioni, da chi “si fanno pagare”.

La madre degli stupidi, a dir poco, si sa, è sempre incinta. E penso che, sempre a Genova, il vignettista del Secolo XIX Stefano Rolli abbia esagerato questa volta a preoccuparsi del diritto di voto dei cosiddetti no-vax  e simili, compresi quelli che spasimano, pur vaccinati, dalla voglia di vedere, anzi di festeggiare la caduta del governo Draghi: il “restauratore”, oltre che emulo di Hitler, “imposto” all’Italia dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella dopo il “Conticidio”, come al Fatto Quotidiano definiscono ancora la conclusione dell’esperienza di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi.

Vale forse anche per le migliaia di dimostranti già corsi per strada o che si accingono a farlo nei prossimi giorni rispondendo, fra l’altro, a quel che rimane della diffidenza di un Salvini pur fresco di vaccinazione -guarda caso- dopo l’appello di Draghi, il memorabile commento di Pietro Nenni, nel 1948, alla sconfitta del cosiddetto fronte popolare delle sinistre nell’assalto elettorale all’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.

“Piazze piene, urne vuote”, disse 73 anni fa il leader socialista. Di cui non dimenticherò mai la descrizione che mi fece Sandro Pertini riferendomi di un incontro avuto con lui dopo quella sconfitta. Con le bretelle abbassate, la camicia sbottonata per difendersi da un caldo che non c’era, le lenti appannate dall’affanno Nenni chiedeva al suo compagno di partito che cosa ne sarebbe stato dei socialisti, che sino a qualche giorno fa egli considerava “troppo pochi per ricoprire i posti” che sarebbero spettati loro se il fronte popolare avesse vinto le elezioni.

Poi, per fortuna sua e del partito socialista, pur destinato a una più lontana e dolorosa fine, Nenni si riprese e trovò addirittura la forza di recuperare l’autonomia alla quale aveva rinunciato alleandosi con un Pci che, più forte sul piano organizzativo, aveva profittato delle elezioni del 1948 anche per rovesciare all’interno della sinistra i rapporti di forza, diventando e restando a lungo una specie di pesce pilota.

Sulla piazza che in questi giorni “sfida Draghi”, secondo il titolo di prima pagina di Repubblica, ricordando proprio il 1948 ripeterei con l’insospettabile Karl Marx che “la storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”.

 

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