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Le piroette di Berlusconi su Russia e Ucraina

Berlusconi

Più assordante la frenata che l’eterno ritorno di Berlusconi in campo… I Graffi di Damato

Preceduto sul palco del raduno di Forza Italia a Napoli per il suo “ritorno in campo” anche da Stefania Craxi, applauditissima nella sua fresca veste di presidente della Commissione Esteri del Senato, che poi ha ripreso posto in prima fila, Silvio Berlusconi nel discorso conclusivo ha ritenuto opportuna una frenata, quanto meno, sul tema delicatissimo della politica estera e della guerra in Ucraina.

A meno di un abbaglio collettivo dei giornali -i cui titoli sono stati concordi nell’avvertire un cambiamento rispetto ad alcune sortite recenti, nell’ultima delle quali Berlusconi aveva auspicato che l’Unione Europea convincesse il presidente ucraino Zelensky a “rispondere alle domande di Putin”, postegli addirittura con una guerra di aggressione-  l’ex presidente del Consiglio ha laconicamente e perentoriamente affermato che “Forza Italia è dalla parte dell’Unione Europea, della Nato e dell’Occidente”. E che “l’Ucraina è un paese aggredito”, appunto. Tanto aggredito -aggiungerei- che il presidente Zelensky si è dichiarato al momento indisponibile a sedere ad un tavolo di trattativa col capo del Cremlino, che da più di ottanta giorni ha messo a ferro e fuoco la sua terra conquistando una Mariupol, per esempio, completamente distrutta, rasa al suolo con le sue acciaierie e persino un teatro sotto le cui macerie non si sa ancora bene quanti morti siano stati trovati, e forse sepolti in tutta fretta in una fossa comune.

Naturalmente i putiniani d’Italia, chiamiamoli così, hanno già cominciato a dire che a spingere Zelensky a questa posizione, dopo averlo armato sino ai denti con altri paesi occidentali, fra i quali l’Italia di Mattarella, Draghi e Di Maio, ministro degli Esteri nonostante la posizione critica assunta dal suo partito guidato dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte; i putiniani d’Italia, dicevo, hanno già attribuito la posizione dura di Zelensky ai suggerimenti, consigli, ordini -secondo le varie sfumature di un antiamericanismo non certo nuovo- del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Al quale è appena stato vietato, con un migliaio di altri americani, di mettere piede in Russia.

L’atlantismo ribadito da Berlusconi nel suo discorso di  ridiscesa in campo o di “eterno ritorno”, come ha scritto qualcuno, non ha convinto del tutto nemmeno Forza Italia, al di là delle bandiere e degli applausi, anzi delle ovazioni levatesi all’indirizzo dell’anziano leader. La ministra Mariastella Gelmini, per esempio, che aveva rilasciato un’intervista al Corriere della Sera per protestare praticamente contro le eccessive aperture di Berlusconi a Putin, ha forse voluto confermare il suo dissenso e i suoi dubbi con un’assenza notata da tutti, per quanto giustificata con un impegno altrove, ritenuto evidentemente meno importante della manifestazione organizzata  con tanto impegno alla Mostra d’Oltremare a Napoli.

Proprio sul Corriere della Sera, il giornale affrettatosi a intervistare la ministra Gelmini, o da questa scelto per esprimere dissenso e preoccupazione per la cortina di ambiguità formatasi attorno a Forza Italia sulla politica estera, Aldo Grasso ha allungato oggi un pesante, pesantissimo sospetto sui reali rapporti fra Berlusconi e Putin. “Lasciamo perdere -ha scritto l’autore di Padiglione Italia, la rubrica domenicale di prima pagina del Corriere– la vecchia amicizia e i racconti stravaganti sul lettone regalato da Putin, ma l’impressione è che il nuovo zar sia in credito di qualcosa, altrimenti non si spiegherebbe tanto malcelato putinismo da parte di  alcuni leader italiani”. Al plurale, perché Grasso ha evidentemente pensato non solo a Berlusconi ma anche, per esempio, a Matteo Salvini nel centrodestra e a Giuseppe Conte nel “campo largo” dell’altra parte.

 

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