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Le sintonie Dibba-Casaleggio

Casaleggio

I Graffi di Damato. Le stelle di Casaleggio e Di Battista diventano rosse, il volto di Conte terreo

Ho perso il conto delle cose più o meno importanti di cui dovremmo sentirci in attesa per chiarire le prospettive dell’Italia. Le riforme alle quali è appesa la disponibilità effettiva degli oltre 200 miliardi di euro stanziati dall’Unione Europea, tra fondo perduto e prestiti, per il piano della ripresa e garantite personalmente dal presidente del Consiglio Mario Draghi per telefono alla presidente della Commissione di Bruxelles?

Che se n’è fidata, come probabilmente non avrebbe fatto con Giuseppe Conte. La sorte della doppiezza della linea scelta dal nuovo segretario del Pd Enrico Letta, da una parte riconoscendosi in Draghi e dall’altra spingendo un giorno sì e l’altro pure la Lega di Matteo Salvini ad uscire dal governo, provocandone quindi la crisi pur con l’aria curiosa di volerne rafforzare la struttura?

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La successione al Quirinale, dove a febbraio il Parlamento e i delegati regionali dovranno mandare un nuovo presidente della Repubblica, se Sergio Mattarella non deciderà di sacrificarsi ad una rielezione come avvenne con Giorgio Napolitano nel 2013, quando i partiti sfilarono sul Colle per chiedergli di restare ancora per un po’, non essendo riusciti a trovargli un erede? La sorte di un Consiglio Superiore della Magistratura che ormai, senza offesa per l’istituto, da organo di autogoverno della magistratura a garanzia della sua autonomia eccetera eccetera è diventato una sentina attraverso la quale dubito che potrà mai passare una delle riforme cui pure è appeso il già ricordato piano della ripresa, cioè quella della giustizia, o almeno dei processi per concretizzarne la “ragionevole durata” genericamente garantita dalla Costituzione?

L’elenco è solo parziale. E ho lasciato fuori apposta il problema o la sorte dei grillini – non indifferente a quella del governo per la loro consistenza parlamentare, ancora determinante per quante perdite abbiano subito tra espulsioni ed esodi volontari, dalle elezioni del 2018 – perché è di difficile decriptazione l’ultima notizia proveniente da quelle parti. Bisogna chiedersi, in particolare, se e quanto potrà destabilizzare il Movimento 5 Stelle in corso di rifondazione da parte di Giuseppe Conte, solidale con la doppiezza già accennata della linea di Enrico Letta, l’ulteriore passo verso la scissione costituito dal blog che Davide Casaleggio ha fatto proprio, sottraendolo al movimento, colorando di rosso le stelle che erano gialle ed esibendo in copertina, diciamo così, Alessandro Di Battista.

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Dibba, per gli amici, non è un parlamentare, non essendosi ricandidato nel 2018 per riservarsi la seconda cartuccia allora consentita ai grillini in carriera, ma potrebbe raccogliere umori e malumori di quanti essendo ancora al primo mandato, come lo era lui tre anni fa, si sentono in pericolo non solo per il taglio dei seggi entusiasticamente, cioè masochisticamente, apportato durante questa legislatura, ma anche per la possibilità ormai accreditata da Conte di limitare il turnover concedendo deroghe al divieto di più dei due mandati. È tutto un problema di posti, insomma, altro che di linea politica, di transizione ecologica, energetica e simili. Invidio Draghi per la tranquillità olimpica che riesce ancora ad opporre a questo quadro che sembra una brutta copia dell’urlo del celebre pittore norvegese Edward Munch.

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