Tempesta in un bicchier d'acqua sulle parole del ministro Giorgetti sulla revisione e l'aggiornamento delle…
L’Ex Ilva diventa Acciaierie d’Italia, ma i problemi restano invariati
L’Ilva è ufficialmente in mano pubblica: il gruppo ha cambiato nome, Acciaierie d’Italia e logo, che richiama il tricolore
Si ridipingono le ciminiere dell’Ilva con il nuovo nome e il nuovo logo, Acciaierie d’Italia, ma questo non le rende di colpo meno inquinanti. Così come non basta a far sparire tutti i problemi economici che l’azienda trascina come zavorra da anni. Una zavorra che da qualche giorno grava su tutti noi, visto l’ingresso nel capitale dello Stato, per mezzo di Invitalia di Domenico Arcuri, entrata nel capitale sociale di Am InvesCo Italy con il 38%, accanto ad ArcelorMittal, alla quale resta in capo il 62%. Un ingresso ulteriormente ribadito nel tricolore del pittogramma scelto per identificare sul mercato Acciaierie d’Italia “il nome è stato selezionato da una rosa di oltre cento opzioni diverse e tende a sottolineare da un lato il prodotto e dall’altro il profondo legame con il Paese dei tre siti produttivi di Genova, Novi Ligure e Taranto”, comunicano dal Gruppo, mentre l’immagine “rappresenta un particolare di un coil, la forma ‘a rotolo’ nella quale viene venduto l’acciaio pronto per le successive trasformazioni, dipinto nei colori della bandiera italiana e rivolta verso l’alto”.
COSA SUCCEDE IN ACCIAIERIE ITALIA ORA
Invitalia, su incarico del Governo italiano ha sottoscritto, con i contributi in conto capitale assegnati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, azioni ordinarie per un importo di Euro 400 milioni e, a seguito dell’adesione all’aumento di capitale, ha acquisito il 50% dei diritti di voto di AM InvestCo Italy, ovvero Acciaierie d’Italia.
Ma, appunto, occorre capire se Acciaierie Italia saprà rilanciarsi o se resterà la gemellina inquinante di Alitalia: due gioielli apparentemente imbattibili su carta eppure accomunati dalla medesima, triste, sorte di riuscire unicamente a procedere a singhiozzo, tra fallimenti e salvataggi pubblici. “Nei sette anni perduti dell’Ilva, dagli arresti e dal sequestro del 26 luglio 2012, sono andati in fumo 23 miliardi di euro di Pil, l’1,35% cumulato della ricchezza nazionale. L’Ilva è una questione nazionale: il Nord industriale, cuore della meccanica, del bianco e della componentistica auto che di acciaio si nutrono, ha visto bruciare 7,3 miliardi di Pil”, scriveva qualche tempo fa Il Sole 24 Ore.
E poi c’è il delicato tema della governance. Il nuovo socio, ovvero lo Stato italiano, non vede di buon occhio la permanenza dell’ad Lucia Morselli e vorrebbe sostituirla, soprattutto dopo l’inciampo del licenziamento di un operaio a seguito di un post sui social che le ha fatto terra bruciata intorno nell’emiciclo parlamentare, sebbene l’indicazione dell’amministratore spetti al Gruppo franco-indiano. Ma la Lady di ferro cui ArcelorMittal aveva assegnato il compito più duro, ovvero ottimizzare le spese e inimicarsi i sindacati, per ora tira dritto…