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Lollobrigida, La Russa e Fontana: leggete Mattarella

Ministro Lollobrigida

Immagino il ministro Francesco Lollobrigida a leggere queste parole e mi viene non so se più da ridere o da impallidire dopo la sua confessione di avere parlato di “sostituzione etnica” senza sapere di essere stato preceduto tanto tempo fa su questa strada dal filosofo austriaco Richard Nicolaus Kalergi

Riprendo da una lunga, straordinariamente colta intervista appena rilasciata al quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda dal Presidente della Repubblica  Sergio Mattarella in occasione del festival del libro a Parigi, di cui l’Italia è ospite d’onore: “Il sapere si è affermato come un valore democratico, anzi come condizione della stessa vita democratica. Non a caso l’accesso all’istruzione è divenuto uno dei diritti contemporanei. Un bagaglio di studi limitato è una barriera che, oltre a creare divari, genera incomprensioni e, dunque, conflittualità e, soprattutto, ci impedisce di progettare il futuro con chiavi interpretative adeguate a comprendere la complessità del nostro vivere contemporaneo”.

Immagino il ministro Francesco Lollobrigida a leggere queste parole e mi viene non so se più da ridere o da impallidire dopo la sua confessione di avere parlato di “sostituzione etnica” senza sapere di essere stato preceduto tanto tempo fa su questa strada dal filosofo austriaco Richard Nicolaus Kalergi. Del cui piano cospirativo si sono alimentate le culture, chiamiamole, così nazista e fascista. Uno, peraltro ministro, che si occupa o si mette a parlare di immigrazione e non conosce un simile precedente dovrebbe sentire quanto meno il dovere di scusarsi: cosa che l’interessato non ha voluto fare davanti a un microfono e una telecamera mentre gli veniva richiesto.

Non so neppure questa volta se ridere o impallidire di più pensando al soccorso prestato al ministro Lollobrigda dal Fatto Quotidiano con quella vignetta sulla moglie, sorella della premier Giorgia Meloni, a letto con un africano da lei incoraggiato al sesso dall’assenza del marito troppo impegnato a contrastare la sostituzione etnica, appunto. Una vignetta che per la sua evidente volgarità, a dispetto della impunità reclamata dalla satira, ha naturalmente procurato alla famiglia Meloni-Lollobrigida solidarietà bipartisan, lasciando praticamente al ministro una via di fuga.

Mentre la cronaca politica veniva invasa dalle reazioni alla vignetta del Fatto, il presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana davanti alla scolaresca di un istituto intestato al povero  Vittorio Bachelet, ucciso nel 1980 dai terroristi rossi nella doppia veste di professore e di vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, chiamava l’interessato Bakelet. E si  è meritato stamane sul Corriere questo epilogo del quotidiano appuntamento di Massimo Gramellini con i lettori: “Pazienza per Fontana, lui ormai i suoi studi li ha fatti (o non li ha fatti). Ma gli studenti del Bachelet, reduci dalla lezioncina di Montecitorio, si staranno domandando: se uno diventa presidente della Camera senza conoscere la storia d’Italia, perché mai dovremmo studiarla noi?”.

Lo stesso discorso merita il presidente del Senato Ignazio La Russa, che in un “colloquio” con Repubblica, derogando alla promessa del silenzio  dopo un’altra uscita infelice, ha detto che “nella Costituzione non c’è l’antifascismo”.

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