Caso Paragon: le denunce di Cancellato e Casarini, poi la nota di Palazzo Chigi, quindi…
Separare poteri e carriere contro una giustizia mediatica. Parla Cassese

Si riaccende lo scontro tra politica e magistratura. Conversazione con il giurista e giudice costituzionale Sabino Cassese
Non accenna a placarsi lo scontro in atto tra governo e magistratura. Le ostilità, innescate dal caso Del Masto Delle Vedove sono poi deflagrate con il caso Santanché. “Da parte mia non c’è alcun conflitto con la magistratura – ha detto la Premier Meloni -. Chi confida nello scontro visto in altre epoche temo rimarrà deluso. Non c’è alcuna volontà da parte nostra di aprire un conflitto. Dall’Anm ci sono state dichiarazioni apocalittiche, come se loro fossero i guardiani del bene contro il male”. Intanto i magistrati che si riconoscono nella corrente di Area hanno sollecitato un intervento formale del Csm a sostegno della Gip di Roma Emanuela Attura che ha chiesto l’imputazione coatta del viceministro Del Mastro Delle Vedove.
Di tutto questo e della proposta di riforma della magistratura ne abbiamo parlato Sabino Cassese, giurista e giudice della Corte Costituzionale .
I casi Del Mastro e Santanché hanno riportato in auge lo scontro tra esecutivo e magistratura. Lei come valuta l’operato della magistratura in ciascuna vicenda?
Le vicende sono segnali di una situazione di crisi, che va valutata nella sua completezza. Bisogna quindi partire dai ritardi della giustizia e dall’enorme numero di cause pendenti, rendere la giustizia più sollecita, riportare i magistrati all’esercizio della funzione giurisdizionale, mentre ora sono sparsi nell’esercizio di tutti i poteri dello Stato, assicurare alla giustizia e ai magistrati una vera indipendenza e autonomia, che non vi sarà fino a che vi sono magistrati in tutti gli altri poteri dello Stato e finché il corpo dei magistrati sarà rappresentato da un vertice associativo “militante”.
Perché, secondo lei, il nostro paese è esposto al periodico conflitto tra governo e magistratura?
Perché non vi è un’autentica separazione dei poteri. Il potere legislativo si sta spostando su quello esecutivo, la funzione amministrativa tende ad essere assorbita dall’organo legislativo, la magistratura occupa spazi che sono propri della funzione legislativa e spesso anche di quella amministrativa. Se non c’è una vera propria separazione dei poteri, le funzioni dello Stato saranno sempre oggetto di conflitti e quello tra politica e rappresentanza della magistratura è uno di questi.
Il ministro Tajani ha ribadito che il governo proseguirà lungo la strada della separazione delle carriere. Crede sia opportuna questa riforma?
Come si evince da quello che ho detto, bisognerebbe partire dalla separazione dei poteri per arrivare alla separazione delle carriere. Quest’ultima è un completamento indispensabile della riforma Vassalli.
Perché a una parte della magistratura non piace l’idea di avere carriere separate? C’è il rischio che la “reazione” alla riforma possa acuire lo scontro tra politica e magistratura, magari attraverso iniziative giudiziarie?
È possibile che alla base dell’opposizione alla separazione delle carriere vi sia semplicemente una reazione “di corpo”, cioè che la carriera unica consente più agevoli e frequenti trasferimenti e promozioni. Comunque, lo scontro dipende da chi alza la voce e da chi presta megafoni a coloro che alzano la voce.
Cosa ne pensa della critica fatta dall’ANM alla riforma dell’abuso d’ufficio (“in contrasto con l’indirizzo politico perseguito a livello internazionale”) e del reato di traffico di influenze?
In Italia vi sono sufficienti strumenti per tenere sotto controllo la corruzione. Nell’Unione Europea sanno bene quali sono in Italia organi e procedure incaricati di questa funzione. Quindi, l’intervento proposto al governo è fattibile e auspicabile.
Nel suo “Il governo dei giudici” lei ha descritto la magistratura come un’istituzione che non gode più della piena fiducia dei cittadini e al cui interno vi sono degli squilibri. Secondo lei quali sono le priorità per “mettere le cose a posto”?
I giudici hanno come compito principale quello di dare giustizia. Una giustizia in ritardo non è autentica giustizia. Una giustizia che si fa sulle pagine dei giornali e non nelle aule giudiziarie non è autentica giustizia. Una giustizia amministrata da magistrati che sono considerati come partigiani non è una giustizia autenticamente imparziale. Quindi, le priorità sono: una giustizia sollecita; una giustizia discreta; una giustizia gestita da magistrati imparziali.