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Governo tra mari e Monti sul Mes
In mezzo sta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, efficacemente rappresentata nella vignetta odierna di Emilio Giannelli sullo stesso Corriere come tentata dalle ragioni del suo ministro ma trattenuta dalla paura di precipitare nel vuoto con un paracadute fasullo, che non s’apre al momento giusto
Anche se non va più di moda come quando cronisti e fotografi lo inseguivano per le strade di Roma come presidente del Consiglio, si può ben dare ragione all’indignazione espressa oggi sul Corriere della Sera dal senatore a vita Mario Monti per il modo in cui si sta giocando in Parlamento, in particolare alla Camera, la partita del Mes. Che non è una marca di sigarette ma l’acronimo di un trattato europeo per il salvataggio dei Paesi dell’Unione in difficoltà, bloccato dalla mancata ratifica da parte dell’Italia.
Dove il governo di centrodestra, o di destra-centro, secondo le preferenze, è diviso tra chi lo valuta positivamente, come il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti, e chi, come il capo del suo partito Matteo Salvini, lo considera un pessimo affare.
I TORMENTI DELLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
In mezzo sta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, efficacemente rappresentata nella vignetta odierna di Emilio Giannelli sullo stesso Corriere come tentata dalle ragioni del suo ministro ma trattenuta dalla paura di precipitare nel vuoto con un paracadute fasullo, che non s’apre al momento giusto.
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In attesa della Meloni -decisionista in tante cose ma attendista in questa, furbescamente tentata di fare della ratifica una materia di scambio nell’Unione Europea per ottenere qualche concessione in un cambiamento delle regole interne per la cosiddetta stabilità- un parere favorevole è stato votato in commissione dalle opposizioni, con l’astensione dei grillini e in assenza della maggioranza, cioè con la sua “diserzione”, come ha titolato correttamente Il Giornale.
LE IMBECCATE DI MARIO MONTI
Mario Monti, per tornare a lui, il cui laticlavio forse si è finalmente meritato l’apprezzamento anche del costituzionalista ed ex parlamentare Paolo Armaroli che ne ha scritto di recente in un libro come di un “abuso”; Mario Monti, dicevo, ha denunciato come “indecente” lo spettacolo politico in corso sul Mes ed ha riproposto una sua “via d’uscita”. Che è un po’ come l’uovo di Colombo. Eccola: “Si adotti una linea pragmatica. Si lasci a ciascuno la possibilità di tenersi le proprie convinzioni, siano esse millenaristiche, apocalittiche o agnostiche. In ogni caso la salvezza o la dannazione, per chi ci crede, potrà dipendere dall’uso che eventualmente il governo italiano potrebbe fare, in futuro, degli strumenti previsti dal Mes, non dalla ratifica in sé”. Che infatti non comporta l’obbligo di usare il cosiddetto fondo salva Stati se si continuerà a considerarlo non utile, o addirittura dannoso.
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Una soluzione del genere eviterebbe, fra l’altro, il rischio denunciato -francamente non so con quanta convinzione- dal Foglio di un “tragico Giorgetti ossessionato dal debito, delegittimato da Meloni “e pronto a dimettersi facendo cadere il governo. Ma, a quel punto, non solo il governo perché i sì e le astensioni sul Mes espressi in commissione alla Camera non potrebbero produrre un nuovo governo, neppure se ripresieduto da Monti stavolta in costume da bagno, essendo i suoi storici loden decisamente fuori stagione.