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Gufi e guerre puniche: il nuovo viaggio di Meloni a Tunisi
La Meloni è andata a Tunisi per due volte in pochi giorni piena di soldi e di buone intenzioni per evitare che dalle coste di quel Paese l’Italia finisca travolta da un’ondata di immigrazione
Con quella “Scipiona l’africana sparata su tutta la prima pagina di Libero riferendo del “patto di Cartagine” che Giorgia Meloni è andata a stringere col presidente tunisino Kais Saied, portandosi appresso la presidente tedesca della Commissione europea di Bruxelles e l’olandese Mark Ruttle , il buon Alessandro Sallusti è riuscito dove neppure a Giulio Andreotti fu possibile. Farsi coinvolgere -disse una volta l’allora presidente del Consiglio a Indro Montanelli che avevo accompagnato da lui per una visita di cortesia nei primi anni del Giornale- “anche in qualcuna delle guerre puniche”. Montanelli che già aveva per conto suo un debole per Andreotti, ammirandone l’arguzia e la conoscenza come nessun’altro della macchina dello Stato, uscì dall’incontro dicendomi che contro quel “mostro” non c’era partita per nessuno. E rise di cuore quando gli inquirenti di Palermo lo immaginarono baciato da Totò Riina.
La Meloni è andata a Tunisi per due volte in pochi giorni piena di soldi e di buone intenzioni per evitare che dalle coste di quel Paese l’Italia finisca travolta da un’ondata di immigrazione per il fallimento di uno Stato che molti negli anni scorsi si erano abituati a considerare solo un conveniente luogo di vacanza, il rifugio di Bettino Craxi. Pare che la premier italiana non si capaciti dei dubbi nutriti contro Kais Saied dal presidente americano Joe Biden, di cui pure la prima donna a Palazzo Chigi è riuscita a conquistarsi la fiducia e la simpatia sul fronte non certamente secondario della guerra di Putin all’Ucraina.
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I gufi in Italia stanno già scommettendo sulla guerra punica che la Meloni potrebbe perdere in Italia. Dove il più interessato ad un suo fiasco , pur non immaginando di potervi costruire sopra chissà che cosa, è Giuseppe Conte ringalluzzito come un pavone per essere stato l’unico oppositore ammesso da Bruno Vespa nella masseria pugliese che sostituisce d’estate la sua terza Camera, come Andreotti -sempre lui – definì la trasmissione Porta a Porta.
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Con gli immigrati Conte ha già pasticciato abbastanza nei due passaggi a Palazzo Chigi, prima assecondando e poi sgambettando il suo ministro dell’Interno Matteo Salvini, ancora alle prese con un processo per sequestro di persone e altre nefandezze risparmiategli quando i due andavano d’accordo e poi rifilatogli a rapporti interrotti. Ma è assai improbabile, per quanto astuto cerchi di mostrarsi, che l’ex presidente del Consiglio possa tornare a Palazzo Chigi portato dagli inmigrati della Tunisia e degli altri paesi interni dell’Africa .