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Care opposizioni, il refrain del Parlamento in stato depressivo non funziona

Opposizioni

Alle opposizioni, ma anche ai gruppi della maggioranza, dove ogni tanto qualcuno vorrebbe quanto meno distinguersi da altri esponenti o parti della coalizione di governo, rimarrebbero solo esercizi più o meno ludici di resistenza ostruzionistica, scrive Francesco Damato

Fra i tanti danni, veri o presunti, attribuiti alla prima donna, e di destra, alla guida del governo in Italia ci sono quelli che avrebbe inferto al Parlamento, già sacrificato peraltro da non pochi dei suoi predecessori, riducendolo ad un votificio, per giunta monocamerale.  Quel poco di discussione e capacità di modifiche rimasto vale   di fatto in una sola assemblea, essendo l’altra condannata, sempre di fatto, solo a ratificare ciò che le arriva per ragioni di tempo, poiché si tratta prevalentemente di decreti legge che vanno approvati entro sessanta giorni.

COSA NON VA NELLE OPPOSIZIONI

         Alle opposizioni, ma anche ai gruppi della maggioranza, dove ogni tanto qualcuno vorrebbe quanto meno distinguersi da altri esponenti o parti della coalizione di governo, rimarrebbero solo esercizi più o meno ludici di resistenza ostruzionistica buttando fra i piedi del governo centinaia di inutili ordini del giorno, da mettere in votazione prima di chiudere davvero la partita.

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         Lo stato, diciamo così, depressivo del Parlamento imposto o aggravato dal governo in carica di centrodestra, o di destra-centro come rivendicano o lamentano vari politici e analisti, non impedisce tuttavia alle Camere di trovare e vivere momenti di una certa, e per fortuna allegra emozione. La giovane deputata grillina Gilda Sportiello, di 36 anni e già alla sua seconda legislatura, per quanto il suo movimento sia uscito praticamente dimezzato dalle elezioni dell’autunno scorso, ha appena potuto allattare il suo piccolissimo Federico nell’aula di Montecitorio fra gli applausi del marito o compagno, qualche fila più sotto, di altri partecipanti alla seduta e del presidente di turno, il forzista Giorgio Mulè. Del quale sono mancati solo gli auguri al bebè di arrivare prima o dopo anche lui in quell’aula non al capezzolo della madre ma salendo e scendendo le scale dell’emiciclo con le proprie gambe, da deputato eletto chissà con quale partito, non potendosi obiettivamente prevedere una vita così lunga per il movimento della mamma e del papà.

IN PARLAMENTO NON SIAMO MESSI COSI’ MALE

         Le senatrici di solito solo più anziane o meno giovani delle deputate. Non hanno figli da allattare, salvo sorprese naturalmente. Qualcuna però ha dei cani dai quali vorrebbe farsi accompagnare a Palazzo Madama, almeno negli uffici o nei corridoi, visto che una proposta animalista di modifica al regolamento, o qualcosa di simile, non si spinge sino a prevederne la presenza nell’aula dell’assemblea o in quelle delle commissioni. La proposta è di una ex forzista, e pasionaria di Silvio Berlusconi: la bolzanina Michaela Biancofiore, già alla sua quinta legislatura, fra l’uno e l’altro ramo del Parlamento, e passata anche per un governo come sottosegretaria alla pubblica amministrazione.

         Il solitamente truce presidente del Senato Ignazio La Russa, da proprietario anche lui di un cane, naturalmente un pastore tedesco, ha promesso alla Biancofiore di sostenerne la causa, pur precisando che il suo animale continuerà a lasciarlo a casa. Forse teme che al Senato glielo avvelenino.

– Leggi qui tutti i Graffi di Damato

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