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Meloni-Salvini-Berlusconi: pari e patta per gli ad delle partecipate

Partita Delle Nomine, Cattaneo A Enel

La partita delle nomine ai vertici delle aziende a partecipazione statale si è chiusa leopardianamente nella quiete dopo la tempesta. I graffi di Damato

La partita delle nomine ai vertici delle aziende a partecipazione statale si è chiusa leopardianamente nella quiete dopo la tempesta. O nelle “nomine dopo le tensioni”, come ha titolato il Corriere della Sera. Dove Antonio Polito, considerando anche quanto è accaduto su questo fronte, ha potuto commentare che “il governo non galoppa ma trotterella, e spesso nella direzione giusta”.

LA PARTITA DELLE NOMINE VISTA DAI GIORNALI

Il Foglio è passato in 24 ore dall’”impero Meloni” sparato in prima pagina sulla o contro “la premier piglia tutto”, dall’Eni all’Enel, dalle Poste a Leonardo, con la formula “Ecco i nomi, grazie”, alla rappresentazione odierna della stessa Meloni che “salva il governo ma perde Enel” facendo “esultare” Salvini. Ma anche Silvio Berlusconi dal reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele, a Milano, visto che Il Giornale ancora di famiglia ha titolato su tutta la prima pagina: “Meloni accontenta tutti”.

Strano impero e strana imperatrice “piglia tutto”, che anche secondo l’astioso Fatto Quotidiano si lasciano “sfilare Enel” da “Salvini e B.”. “Compromesso sulle nomine. I vertici Enel scelti da Lega e FI”, ha titolato Repubblica, anch’essa abbandonatasi nei giorni precedenti nella rappresentazione di una Meloni assatanata e paragonabile al marchese del Grillo, che notoriamente liquidava il prossimo che “non contava un cazzo”. E scusate la parolaccia sua, non mia.

Sulla Stampa l’ex direttore Marcello Sorgi ha certificato anche lui una premier che “cede alla spartizione”. Grazie alla quale, con l’Enel conquistata -ripeto- da Salvini e Berlusconi, il vignettista del Secolo XIX, Stefano Rolli, si è potuto divertire annunciando “Niente crisi al buio”. E tanto meno alla luce rimasta ben accesa a favore della premier e del suo “trotto”, per tornare all’immagine dell’editorialista del Corriere della Sera. Ma altro che trotto secondo l’ex presidente del Senato Marcello Pera.

Quest’ultimo, già forzista e appena tornato a Palazzo Madama candidandosi nelle liste del partito della premier, ha detto in una intervista a Repubblica che sarà proprio la Meloni a “finire il lavoro di Berlusconi” in politica cominciato nel 1994 sconfiggendo a sorpresa la famosa e “gioiosa macchina da guerra” allestita da Achille Occhetto, l’ultimo segretario del Pci, e primo del Pds. Che  aveva deposto ai piedi di una quercia la falce e il martello della storia propria e dei suoi compagni. Incalzato da una domanda sulla troppa “nostalgia del fascismo” nutrita in una “forza liberal-conservatrice” quale egli considera il partito della presidente del Consiglio, Pera ha risposto: “Non sopravvaluterei alcune manifestazioni di pensiero folcloristiche. Meloni sta marciando spedita, anche a costo di scontare una diminuzione di consensi nell’immediato, perché ragiona da statista e sa che il consenso si misura sulla grande distanza”.

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