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Chi loda il Pd

Ignazi Lodi Al Pd

A commento dell’ultima riunione dell’assemblea nazionale uscente e insieme “costituente”, rispettivamente, del vecchio e “nuovo” Pd, secondo il curioso e lungo percorso congressuale voluto al Nazareno, un editoriale di Domani affidato ieri a Piero Ignazi, politologo di tutto rispetto, ha certificato nello stesso titolo che “Il Pd è l’unica forza politica in cui si discute veramente”

L’arrabbiatura dell’ingegnere Carlo De Benedetti per la sconfitta elettorale del Pd di Enrico Letta, cui avrebbe preferito una vittoria pur improbabile di un Pd nuovamente alleato con i grillini, sembra finalmente passata. Finalmente, a quattro mesi dalle funeste elezioni anticipate e dal suo invito al Pd a “sciogliersi”, ma non so se anche fortunatamente perché l’ex editore di Repubblica e ora di Domani ha cambiato umore ma non opinione, com vedremo, sulle condizioni del partito. Di cui prenotò a suo tempo la tessera addirittura numero 1, lasciando la seconda all’amico fondatore e segretario Walter Veltroni.

A commento dell’ultima riunione dell’assemblea nazionale uscente e insieme “costituente”, rispettivamente, del vecchio e “nuovo” Pd, secondo il curioso e lungo percorso congressuale voluto al Nazareno, un editoriale di Domani affidato ieri a Piero Ignazi, politologo di tutto rispetto, ha certificato nello stesso titolo che “Il Pd è l’unica forza politica in cui si discute veramente”.

Questa unicità, chiamiamola così, andrebbe riconosciuta “nonostante gli sbeffeggiamenti che   (il Pd) riceve quotidianamente anche da supposti amici e, ancor più, da supposti osservatori indipendenti”, ha scritto Ignazi senza riguardi neppure per fondatore, direttore e altri editorialisti e cronisti dello stesso Domani. Il Pd -ha insistito e precisato il professore- è “l’unica forza politica dove si discute, si mettono sul tappeto idee e proposte, e alla fine si decide dal basso”, poco importa se per stare o rimanere all’opposizione o per stare o tornare al governo. Questa, sì, che è serietà: altro che le convention -non congressi- “per applaudire leader che si sono fatti il loro partito”.

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Tanta certezza, tanta soddisfazione, tanta ottimistica lettura o interpretazione dello spettacolo offerto dall’assemblea -ripeto- uscente e insieme costituente, rispettivamente, del vecchio e del nuovo Pd è però contraddetta sullo stesso Domani, e sempre in prima pagina, dalla cronaca fattane con spirito analitico e beffardo da Carlo Damilano, l’ex direttore dell’Espresso non scambiabile neppure lui, come Piero Ignazi a livello accademico, anzi scientifico, per l’ultimo arrivato.

“Con un dibattito così al fondo mediocre” -ha scritto Damilano sotto un titolo in rosso sul “Pd alla ricerca di una bussola”- si è “tentati di concludere…che nessun nodo del dopo 25 settembre potrà essere sciolto o almeno affrontato”. E ancora il cronista ha denunciato “il paradosso estremo, finale: un partito politico, l’ultimo partito rimasto, come amano ripetere, anzi, iper-politico, che però non riesce più a parlare di politica, a organizzare al suo interno un onesto, civile, e non distruttivo, conflitto politico, nonostante tutte le sovrastrutture impiegate in tal senso”.

Quello dell’ingegnere ad Enrico Letta o al Pd, o a entrambi, è insomma un mezzo perdono, non di più.

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