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Perché Barbera (Corte costituzionale) delude i pasdaran anti Meloni di Repubblica
Che cosa ha detto e che cosa non ha detto il presidente della Corte costituzionale, Augusto Barbera, al quotidiano Repubblica. I Graffi di Damato
Onore ad Augusto Barbera, presidente purtroppo di turno della Corte Costituzionale: purtroppo, perché il turno è ormai diventato per consolidata abitudine troppo breve per non ridursi spesso ad un passaggio fuggevole. I presidenti emeriti, cioè gli ex, aumentano a discapito di quelli effettivi. Ma Barbera, vecchio professore universitario, politico di sinistra passato per tutte le edizioni del Pci, arrivato alla Corte Costituzionale nel 2015 fra i cinque giudici di elezione parlamentare, sui 15 complessivi del collegio, si merita tutti gli elogi possibili per come ha saputo e voluto appena rispondere ad un’intervista di Repubblica che poteva sembrare, francamente, un agguato.
Collegata anche graficamente ad un’altra intervista recente a Repubblica, quella dell’ex presidente della Consulta Giuliano Amato sul “rischio” autoritario che l’Italia governata da Giorgia Meloni correrebbe seguendo o inseguendo “Polonia e Ungheria”, la risposta di Barbera è stata laconica: “Non condivido l’accostamento. Questo risultato non sarebbe possibile in Italia. Non lo consentirebbero le nostre norme costituzionali ed ordinarie”.
SU ELEZIONE DEI GIUDICI E PREMIERATO, REPUBBLICA RIMANE A BOCCA ASCIUTTA
La circostanza rivendicata dalla premier, in polemica con Amato, che le Camere a maggioranza di centrodestra potranno rinnovare quest’anno quattro dei cinque giudici costituzionali di elezione parlamentare? “Ma questa – ha spiegato Barbera – non è una novità. Nessuna maggioranza ce l’ha fatta da sola perché saggiamente le leggi in vigore prevedono che per eleggere un giudice, o una giudice, è necessaria almeno la maggioranza dei tre quinti, cioè 363 voti, mentre l’attuale maggioranza non supera i 350 circa”. E il progetto governativo dell’elezione diretta del premier? Ma già siano arrivati – ha ricordato Barbera – “all’introduzione nella scheda elettorale del nome del candidato alla presidenza del Consiglio. Una sorta di legittimazione elettorale, se non proprio la più audace elezione diretta”.
E il pericolo che la politica prevarichi sulla Corte Costituzionale? “Ma è vero anche l’inverso”, ha risposto Barbera ricordando che “le Corti”, al plurale, quindi anche quelle della magistratura ordinaria, “non devono soverchiare il potere politico”. E una tosta di destra alla guida del governo non deve far paura? “L’elezione di Nilde Iotti alla presidenza della Camera – ha risposto Barbera vantandosi di avervi contribuito – rappresentò la fine, o meglio l’inizio della fine, della conventio ad excludendum nei confronti dei comunisti e oggi non posso che essere favorevole al superamento di analoga convention a destra”.
E le braccia alzate in via Acca Lametia e altrove? Barbera ha raccontate di vederne ogni tanto anche agli stadi, senza cadere – credo – nel panico. E la Costituzione più bella del mondo, che non vale la pena toccare? “Per le virtualità multiple – ha risposto il presidente della Corte – la Costituzione italiana è fra le migliori al mondo”, ma “non sempre” riesce a garantire davvero la libertà e l’uguaglianza garantite dall’articolo 3.