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Perché il centrosinistra non è ancora una coalizione
Nonostante gli squilli di tromba di Luigi Bersani, è lunga la strada per una coalizione nazionale con Schlein e Conte. I Graffi di Damato
Pier Luigi Bersani, l’ex segretario del Pd e mancato presidente del Consiglio nel 2013, quando l’allora capo dello Stato e suo ex compago di partito Giorgio Napolitano gli impedì l’avventura di un governo “minoritario e di combattimento” appeso agli umori dei grillini, è il politico più cercato o corteggiato dai salotti televisivi . E ciò un po’ per la sua bonomia, un po’ per le sue parabole: dalla bambole da spazzolare ai giaguari da smacchiare, dai tacchini sui tetti alla mucca di destra inavvertitamente entrata nella sede del Partito Democratico e lasciata deporre i suoi voluminosi escrementi fra corridoi e stanze.
E’ mancato poco ieri che egli non si presentasse a Lilli Gruber con una tromba per emettere o ripetere lo squillo da lui avvertito in Sardegna per la pur striminzita vittoria elettorale di Giuseppe Conte con la candidata grillina imposta agli alleati di turno, a cominciare naturalmente dal Pd. Il “suo” Pd, dove l’ex segretario è rientrato dopo l’evasione con Massimo D’Alema ed altri da quel carcere che secondo loro era diventato il partito sotto la guida, allora, di Matteo Renzi.
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All’imbarazzo procuratogli dagli aggettivi con i quali la segretaria in carica del Pd Elly Schlein, ma anche Romano Prodi, vorrebbero chiamare “il campo” da ricostruire col Movimento 5 Stelle –“largo”, secondo loro, o “giusto”, secondo Conte, che lo vorrebbe abbastanza stretto da poterlo controllare e condizionare meglio- Bersani si è sottratto proponendo, anzi chiamando quel campo semplicemente “dell’alternativa” al centrodestra infelicemente regnante, secondo lui, e terribilmente pericoloso per il Paese. Un’alternativa, par di capire, la cui guida è indifferente a Bersani, pronto anche a quella di Conte e quindi dei grillini, com’è appena accaduto in Sardegna con la nuova governatrice Alessandra Todde pur avendo il Pd raccolto nelle urne il doppio dei loro voti.
Reduce proprio dal salotto della Gruber, dove aveva sentito e visto di persona l’incontenibile felicità di Bersani, il buon Aldo Cazzullo ha scritto o ricordato nell’editoriale odierno del Corriere della Sera, che “allearsi non è facile” in quello che chiamiamo comunemente “centrosinistra”, senza il trattino originario dei governi di Aldo Moro fra il 1963 e il 1968, delimitati a destra e a sinistra con l‘esclusione, rispettivamente, dei liberali e dei comunisti.
“Sommare e confrontare i voti del centrodestra e del centrosinistra è interessante, ma inutile. Perché il centrodestra -ha osservato Cazzullo- è una coalizione, per quanto rissosa, il centrosinistra no, o non ancora”. E chissà se e quando potrà diventarlo con le ambizioni che coltiva Conte alla luce del sole, senza nasconderne nessuna, anche se qualcuno nel Pd finge ancora di non sentire e di non capire. Il presidente Stefano Bonaccini, complimentatosi a sorpresa con la Schlein per il risultato sardo, si è affrettato a correggersi avvertendo che Conte “non basta” per fare l’alleanza o il campo dell’alternativa nei sogni di Bersani.