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Vi spiego il ruolo della politica contro la violenza dell’uomo
In questa giornata oscena di cronaca nera guardo anch’io con struggente nostalgia, pur non avendola conosciuta, la foto della giovane Giulia Cecchettin ancora viva e felice. E mi consolo in qualche modo: c’è qualcosa di peggio della politica. E’ l’uomo quando è capace di compiere cose del genere
In questa giornata oscena di cronaca nera guardo anch’io con struggente nostalgia, pur non avendola conosciuta, la foto della giovane Giulia Cecchettin ancora viva e felice, prima di essere accoltellata, uccisa e buttata da Filippo Turetta in un dirupo quasi inaccessibile, nel tentativo di non fare mai trovare il corpo di quella che era stata la sua fidanzata. E mi consolo in qualche modo -per un paradosso procurato dall’abitudine di occuparmene quasi da quando avevo ancora i calzoni corti- solo all’idea di poter dire ai populisti, qualunquisti, professionisti della cosiddetta antipolitica che c’è qualcosa di peggio della politica. E’ l’uomo quando è capace di compiere cose del genere.
Non parliamo poi degli uomini al plurale capaci delle guerre più insensate e orribili, come quelle in corso da quasi due anni nell’Ucraina aggredita dalla Russia di Putin e quella riproposta dai terroristi di Hamas riprendendo l’obiettivo di Hitler di ammazzare più ebrei possibili, specie se vicini di casa.
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E’ mille volte preferibile la politica, della quale è pur vero considerare la guerra una sua prosecuzione, ma solo quando la si rifiuta come il mezzo che dovrebbe essere di comporre pacificamente nella democrazia i contrasti. O la si scambia per un esercizio cinico di ludismo a mezza strada fra lo scherzo e la realtà, come ce l’hanno appena riproposta sia Beppe Grillo sia Giuseppe Conte, il fondatore persino garante e il presidente del MoVimento 5 Stelle ancora operante, pur con i voti dimezzati rispetto al 2018.
Ospiti di un incontro sull’intelligenza artificiale, con tanto di attrezzature quasi fantascientifiche, Grillo e Conte si sono scambiati il solito sfottò. L’uno dicendo di avere trovato l’altro “più espressivo che dal vivo”, cioè continuando a dubitare della sua autenticità. E l’altro, appunto, chiedendogli tra una selva di microfoni e telecamere di smetterla di porlo in difficoltà con battute di doppio senso.
In particolare, Conte ha chiesto a Grillo ciò che è impossibile, ingenuo, diciamo pure sciocco chiedere a un comico di professione: premettere ad ogni suo spettacolo la sottolineatura del suo carattere parossistico. L’ex premier insomma non si è ancora reso conto della natura appunto paradossale, e perciò antipolitica, del suo movimento o quasi partito, com’è diventato attingendo anch’esso a ciò che rimane del finanziamento pubblico, odiato sino a due anni fa più di quanto non lo fosse stato dalla buonanima di Marco Pannella. Che rimase un politico sino all’ultimo momento di vita, mai fuggendo o nascondendosi nella comicità.
E pensare che un partito professionale, diciamo così, come dovrebbe essere il Pd nato dalla fusione fra i resti del Pci, della sinistra democristiana e cespugli liberali e verdi, continua o ha ripreso a inseguire con la nuova segretaria Elly Schlein il cosiddetto “campo largo” con i grillini, o “giusto” come preferisce chiamarlo Conte con una certa presunzione.