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“Prima i Lep e poi la riforma. Così non c’è rischio di disgregazione”. Intervista a Toma
Conversazione con il presidente della Regione Molise Donato Toma sul tema dell’autonomia differenziata
La riforma dell’autonomia differenziata, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, a partire dal ministro Calderoli, vuole consentire alle regioni che ne fanno richiesta, maggiore autonomia nelle materie di competenza concorrente, nel rispetto dell’articolo 116 della Costituzione. L’ultima parola spetta al Parlamento, che dovrà considerare l’interesse nazionale e decidere se e quali perimetri di autonomia concedere.
Della riforma sull’autonomia differenziata ne abbiamo parlato con il presidente della Regione Molise Donato Toma.
Presidente Toma abbiamo bisogno della riforma sull’autonomia differenziata? E quali sono i vantaggi e quali invece i rischi?
Prima di tutto le direi che la domanda non è corretta. La domanda corretta è se chi ne ha bisogna può procedere a richiederla. Secondo il Titolo V della Costituzione la risposta è sì. Chi desidera avere un’autonomia rafforzata può chiederla al Governo. Non ci sono rischi particolari se si determinano prima i livelli essenziali di prestazioni, calcolando i costi standard dei fabbisogni che si determineranno. Solo dopo si può procedere all’autonomia differenziata. Prima si decide il finanziamento di questi livelli uguali per tutti i cittadini dello Stato delle varie Regioni. E poi le Regioni che vorranno avere un’autonomia rafforzata potranno farlo.
La riforma dell’autonomia differenziata si pone nella scia della riforma costituzionale del Titolo V del 2001. Secondo lei su quali aspetti di quella riforma la nuova riforma dovrebbe intervenire?
Secondo me il sistema che è stato messo in piedi per consentire alle Regioni che hanno richiesto di avere un’autonomia rafforzata, per ora solo alcune regioni del nord, deve passare necessariamente per i principi stabiliti prima di tutto nella legge finanziaria, per la determinazione dei livelli essenziali di prestazioni. Cioè le erogazioni finanziarie da dare a tutte le regioni in relazione al fabbisogno espresso dai cittadini per poter beneficiare dei diritti sociali e dei diritti civili. Una volta che questi finanziamenti sono stati individuati e questi diritti sono stati finanziati, tranquillamente si può applicare il disegno di legge che dovrebbe diventare legge in Parlamento. Il disegno di legge che è passato in Consiglio dei Ministri stabilisce le modalità per richiedere e ottenere l’autonomia differenziata. In sintesi: prima i livelli essenziali di prestazioni e il finanziamento di questi di questi livelli a costi standard e poi la procedura per l’autonomia differenziata.
Presidente Toma molto spesso si legge del rischio che la riforma dell’autonomia differenziata possa attivare un processo disgregativo tra le Regioni, soprattutto tra il nord e il sud. Secondo lei questo rischio esiste?
Se viene attuata secondo il sistema messo in piedi dalla legge finanziaria e dal disegno di legge che dovrà essere discusso Parlamento, il rischio di disgregazione non c’è. Se però si concede l’autonomia differenziata senza aver prima determinato a monte i livelli di prestazioni da garantire per tutte le Regioni, a quel punto ci potrebbe essere un rischio, più che di disgregazione, di divaricazione del solco che c’è tra Sud e Nord.
Ed è per questo che tanti amministratori del Sud hanno scritto una lettera al Presidente Mattarella preoccupati.
Io le dico che se viene attuata secondo quanto è stabilito dalla legge finanziaria e da questo disegno di legge, non c’è questo rischio. Ci sarebbe stato se non avessimo preteso, e glielo dico come esponente di Forza Italia, che si fossero determinati prima i livelli essenziali di prestazioni da finanziare in tutte le Regioni.
È rischioso che i Lep siano definiti attraverso una cabina di regia con un DPCM?
No non è rischioso perché in cabina di regia c’è il Presidente del Consiglio dei Ministri, c’è il ministro per il sud, c’è il Ministro per le riforme istituzionali, c’è il Ministro dell’economia e finanze, c’è il rappresentante la Conferenza delle Regioni, ci sono i rappresentanti dell’Anci e dell’Upi. Perciò, ci sono tutti gli attori del modello istituzionale italiano, perciò la determinazione non dovrebbe creare particolari problemi. Anzi, le dirò di più, la cabina di regia si serve di una commissione tecnica che porterà entro sei mesi a termine questo lavoro.