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Le infilzate di Renzi a Conte e Calenda

Matteo Renzi è stato assai tempestivo a cogliere l’occasione offertagli dalla tragedia dell’Emilia Romagna, travolta dalle acque e dal fango
Pur preso dalla guerra -si fa per dire- con Carlo Calenda all’interno di quello che doveva essere il “terzo polo” della politica italiana, e senza tornare a distrarsi come gli è capitato nei giorni scorsi non facendo mettere in prima pagina sul “suo” Riformista la clamorosa tirata d’orecchie del presidente della Repubblica ai magistrati che abusano dei processi, Matteo Renzi è stato assai tempestivo a cogliere l’occasione offertagli dalla tragedia dell’Emilia Romagna, travolta dalle acque e dal fango, per infilzare Giuseppe Conte. Che, fra tutti gli uomini politici sul mercato, è quello che forse gli è più antipatico, più ancora di Calenda, pur avendolo salvato nel 2019 dall’affondamento tentato da Matteo Salvini. Poi il toscano si è rifatto, com’è noto, affondandogli lui stesso il secondo governo e creando l’occasione buona perché Mattarella mandasse a Palazzo Chigi Mario Draghi.
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E’ a Conte, pur non indicandolo con nome e cognome in un inconsapevole moto di signorilità, considerandone forse le difficoltà in cui già si dibatte sotto le 5 stelle per l’esito disastroso delle elezioni amministrative di domenica scorsa; è a Conte, dicevo, che Renzi si è riferito scrivendo oggi sul Riformista, a proposito della tragedia in Emilia Romagna: “Da anni il Parlamento chiede di riaprire l’unità di missione Italia sicura che con il mio Governo avevamo costituito con Renzo Piano e che lo sciagurato governo gialloverde ha chiuso nel 2018”. Quel governo -con la minuscola opposta alla maiuscola di quello da lui guidato fra il 2014 e il 2016- era presieduto appunto da Conte. Che dovrebbe ora battersi il petto con le mani, come a messa, e chiedere perdono a Dio e agli italiani.
LE INFILZATE DI RENZI
“Come diceva il cardinale Martini commentando la parabola del Buon Samaritano -ha infierito Renzi in un editoriale scritto e titolato fra “lacrime e leggi”- non bastano i volontari che si prendono cura delle persone in difficoltà. Serve la politica, cioè la capacità di prevenire e ridurre i rischi per le comunità cittadine”. E’ ciò che fece lui, appunto, con l’Italia sicura soppressa da Conte , ripeto, considerandola meno utile delle pochette infilate nei taschini delle sue giacche.
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Se Renzi se l’è presa con Conte, il vignettista del Fatto Quotidiano Mario Natangelo se l’è presa con Giorgia Meloni, denudata – diversamente dalla sorella Arianna qualche tempo fa, disegnata sotto le lenzuola con un negro- e messa su un gommone per rappresentare un’Italia che un pò se la sarebbe cercata e meritata votando così tanto la destra da mandarne la leader a Palazzo Chigi. Dove, considerate le condizioni sempre più critiche delle opposizioni, doverosamente al plurale, e nonostante tutto il rovistamento di certi giornali fra le immondizie vere o presunte del padre defunto, sorellastre e madre viventi, la premier sembra proprio destinata a rimanere per tutta la durata ordinaria della legislatura. E magari essere confermata anche dopo, o trasferirsi chissà dove fra i piani alti della politica.