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Riecco il Cav

Cav

I Graffi di Damato sulla scappellata di Franceschini a Berlusconi tra i grillini nell’angolo

Anche a costo – temo – di far esplodere la tazza del cesso sulla quale il suo vecchio, leale, ostinato amico Antonio Martino, intervistato per Il Foglio da Carmelo Caruso, aveva cercato di dissuaderlo, o di andarci più piano, o di allungare “la limonata” in preparazione, Silvio Berlusconi è dunque riuscito a farsi obbedire dai suoi parlamentari, ma ancora più dai suoi renitenti alleati di centrodestra. E a salvare il governo di Giuseppe Conte dallo scoglio del cosiddetto scostamento di bilancio. Che con i suoi ulteriori otto miliardi di spese concordati appunto anche col Cavaliere è passato quasi all’unanimità fra Camera e Senato: alla Camera con 552 sì, nessun voto contrario e 6 astenuti, al Senato con 278 sì, 4 voti contrari e altrettanti astenuti.

Immagino il sollievo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, costretto in questa stranissima legislatura di emergenze sovrapposte l’una all’altra ad una supplenza che eserciterà fior di costituzionalisti e di storici. Penso anche allo scorno dei grillini duri e puri come Marco Travaglio, che alla vigilia aveva definito “concorso esterno” nella solita associazione mafiosa l’unica offerta che il sempre odiatissimo Cavaliere, da qualsiasi parte del mondo facesse giungere i suoi messaggi, poteva fare al governo che volesse chiedergli una mano. Ora Travaglio è lì a minacciare o reclamare lui le elezioni anticipate, non sapendo neppure se per ridere o piangere.

Ma immagino soprattutto – ripeto – la delusione del pur disincantato e liberalissimo Martino, dichiaratamente “stitico” nei rapporti con un movimento come quello delle 5 Stelle, da lui così poco sopportato da avere rinunciato a ricandidarsi nelle ultime elezioni per non incontrare neppure per caso qualche grillino in Parlamento. Anche il pentastellato che sembra essere riuscito meglio, l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, perciò suo successore sia pure lontano alla Farnesina, è rimasto per Martino “il borracciaio del San Paolo”: lo stadio di Napoli che sta per essere intitolato alla buonanima di Maradona.

Già sulla tazza del suo cesso, prima di vedersela e sentirsela esplodere, Martino aveva confidato al Foglio, conoscendo il sadismo politico di cui è capace l’amico, di aspettarsi ugualmente per il 22 dicembre la solita cordiale telefonata di auguri di Berlusconi per i 78 anni che l’ex ministro compirà tra le macerie del suo bagno.

Non so se e quanta fatica politica sia costata al capo della delegazione del Pd al governo, il ministro della Cultura e del Turismo Dario Franceschini, la scappellata che ha tenuto a fare a Berlusconi. Di cui  ha apprezzato la “scelta di responsabilità, che ha politicamente costretto tutte le forze di centrodestra a cambiare linea e ad adeguarsi. Chapeau”, ha detto, Franceschini fra le proteste di Giorgia Meloni, che voleva forse anche lei qualche riconoscimento. Dell’ormai ex trainante Matteo Salvini mancano notizie certe.

Abituato, anche per le sue origini democristiane e una certa sintonia con l’esperienza, gli insegnamenti, la storia di Aldo Moro, a proiettarsi più sul domani che sull’altro ieri, a parte qualche ricorrente tentazione opportunistica di derivazione dorotea, Franceschini ha mandato un segnale che potrebbe rivelarsi per i grillini persino assordante. Ed aprire davvero nel Pd una nuova stagione. Non ha forse torto Stefano Folli a scrivere su Repubblica che “cambia la scena” e “nulla è come prima”. Travaglio ne deriderà, al solito, il riporto capelluto.

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