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Salvini, Renzi e la Open Arms
I Graffi di Damato su Renzi e…. Palamara che soccorrono Salvini nell’operazione Open Arms
È difficile, molto difficile negare che abbiano pesato involontariamente quelle parolacce contro di lui intercettate nel telefonino del magistrato Luca Palamara sul voto col quale la giunta delle immunità del Senato ha protetto Matteo Salvini dal processo per sequestro di persona nella vicenda della nave spagnola Open Arms. Cui l’allora ministro dell’Interno nell’agosto dell’anno scorso, mentre maturava la crisi del primo governo Conte, negò l’approdo in Italia per sbarcarvi un centinaio di immigrati soccorsi in mare. Era già accaduto l’anno prima con la nave Diciotti, ma senza esiti giudiziari per il no opposto dalla maggioranza gialloverde al processo cui puntava il cosiddetto tribunale dei ministri di Catania, E si era ripetuto con la nave Gregoretti, ma questa volta col via libera al processo da parte della maggioranza nel frattempo cambiata: da gialloverde a giallorossa, col ribaltamento della posizione dei grillini.
LA MAGGIORANZA GIALLOROSSA SPACCATA IN GIUNTA
Per la nave Open Arms si vedrà come galleggerà il mese prossimo nell’aula del Senato “la scialuppa” indicata nel titolo di Repubblica, ma la maggioranza giallorossa questa volta si è spaccata in giunta, con i renziani che, non partecipando al voto, non hanno voluto bocciare il no al processo proposto dal presidente forzista della giunta Maurizio Gasparri: un no condiviso invece, oltre che dal centrodestra, dall’ex grillino Mario Michele Giarrusso e dalla grillina dissidente Alessandra Riccardi. Che pagherà cara naturalmente la condivisione della proposta di Gasparri, basata sulla convinzione tratta anche dalle carte che Salvini non agì di testa sua ma conformemente alla linea adottata dal governo per contenere l’immigrazione clandestina, trattenendo i passeggeri a bordo delle navi di soccorso sino ad una distribuzione fra vari paesi dell’Unione Europea.
IL CONCORSO DECISIVO DI RENZI
Scambiare per sequestro di persona, come ha fatto l’accusa, i ritardi calcolati degli sbarchi degli immigrati è ragionevolmente apparso esagerato alla maggioranza creatasi questa volta nella competente giunta del Senato col concorso decisivo voluto da Renzi, guadagnatosi per questo dal Fatto Quotidiano l’epiteto di “palo della banda Salvini”. Ma oltre a questo ragionamento, ripeto, è valsa la sensazione diffusasi, o rafforzatasi, di una forzatura della magistratura di fronte alla necessità, evidentemente non di tipo giudiziario, sostenuta al telefonino da Luca Palamara di contrastare Salvini, in dissenso da un collega magistrato che dissentiva dall’azione intrapresa per la vicenda della nave Diciotti dal procuratore di Agrigento.
Il troppo stroppia, dice un vecchio proverbio. E Matteo Renzi, il cui soccorso non è poi stato “muto” come ha titolato il manifesto, questa volta dall’interno della maggioranza ha voluto mandare un segnale agli alleati. Magari il senatore di Scandicci e leader di Italia Viva ripiegherà in aula a Palazzo Madama su un’altra posizione anche questa volta ricompattando la maggioranza, come gli è recentemente capitato di fare sorprendendo con il no alla sfiducia persino il guardasigilli Alfonso Bonafede, che per un po’ aveva temuto il contrario, ma la situazione per ora è quanto meno incerta.
Il malumore fra i grillini è particolarmente alto, anche per il sospetto forse fondato che sarà ben difficile strappare al presidente del Consiglio un’esposizione davvero sopra le righe per soddisfare le loro attese tutte tattiche e d’immagine, dopo essere già disinvoltamente passati fra le vicende pur analoghe della nave Diciotti alla nave Gregoretti da una posizione favorevole a Salvini a quella opposta. Non parliamo poi dell’imbarazzo in cui si trova il Pd di fronte alla linea garantista assunta dal suo ex segretario Renzi fra i ringraziamenti del leader leghista.