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Le tensioni fra Zingaretti e Conte

Conte Zingaretti

“Disagi” e “criticità” a scuola, come anche nel governo dell’emozionato Conte

“Disagi” li ha definiti l’“emozionato” presidente del Consiglio preannunciandoli nella riapertura delle scuole. “Criticità”, ha detto la ministra della Pubblica Istruzione Lucia Azzolina ricordando anche quelle degli anni scolastici cominciati prima dell’epidemia virale che ancora incombe minacciosa.

Una volta tanto il presidente del Consiglio, pur incorso per i suoi ritardi, rinvii, pause di riflessione e simili negli attacchi degli avversari e nelle critiche anche dei suoi alleati, di primo e secondo giro in questa accidentata legislatura, ha voluto viaggiare puntuale come i treni svizzeri, diceva ironicamente la buonanima di Giulio Andreotti. Che perdonava i ritardi alle ferrovie italiane ricordandone le condizioni nelle quali erano state ridotte dalla guerra risparmiata agli elvetici.

Con la scuola il professor Conte, forse perché alle prese con una ministra grillina, copertissima dal movimento cui lui deve le due presidenze del Consiglio accumulate formando due governi in meno di un anno e mezzo, ha voluto essere quello che si dice “tutto di un pezzo”. Neppure le preoccupazioni della preside della scuola di suo figlio Niccolò lo hanno trattenuto. Egli è stato decisamente al passo e al tacco di Lucia Azzolina. Della quale mi permetterete che dica quello che penso, anche con una certa simpatia, ogni volta che la vedo e la sento parlare in televisione: non so se sia lei o una sua perfetta imitatrice, con quelle espressioni e quel trucco.

La vigilia dell’apertura dell’anno scolastico è stata faticosa per Conte anche sul piano politico, in particolare nei rapporti col Pd. Che a conclusione della festa nazionale dell’Unità, a Modena, gli ha mandato due messaggi che potrebbero riservargli sorprese dopo le elezioni regionali e comunali di domenica prossima, e il referendum confermativo sulle Camere amputate di 345 seggi.

Il primo messaggio è del segretario in persona del Pd, Nicola Zingaretti, che ha prospettato una sia pur non dichiarata fase 2 del governo – in altre occasioni rivelatasi infausta per il Gabinetto ministeriale di turno – indicando la necessità di “riaprire una stagione di rinascita”. E riproponendo il ricorso, contestato dai grillini, al credito del fondo salva-Stati europeo, noto come Mes, per il potenziamento del sistema sanitario.

Il secondo messaggio, più esplicito, è stato quello del vice segretario del Pd Andrea Orlando. Che ha prenotato per il dopo-elezioni e il referendum di domenica prossima, non dell’altra ancora che Beppe Grillo ha segnato nella sua agenda, “un tagliando” per la coalizione di maggioranza. Cui potrebbe seguire, come da abitudini in questi casi, quanto meno un rimpasto ministeriale, o un intervento – come lo ha definito l’ex ministro della Giustizia, oltre che numero 2 di Zingaretti – sull’“assetto del governo”. E pensare che proprio a Modena, ospite alcuni giorni fa, Conte aveva attribuito il rimpasto alla fantasia di giornalisti poco educatamente intenzionati a imporgli la loro “agenda”.

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