skip to Main Content

Vi spiego perché la Serracchiani è una figurina dietro agli uomini. Parla Marina Terragni

Terragni

Conversazione con la giornalista e scrittrice femminista Marina Terragni: il primo governo italiano a guida femminile. Quale futuro per aborto, maternità e ddl Zan?

Femminista, giornalista, scrittrice, Marina Terragni è una voce libera e fuori dal coro del femminismo schierato politicamente. Una voce critica che analizza con lucidità i fenomeni che stiamo vivendo dall’eccezionalità del Governo Meloni, perché per la prima volta nella storia d’Italia è una donna a guidare il paese, alla battaglia sulla legge 194 (legge sull’aborto) e sul sostegno alla maternità. Con lei abbiamo parlato di tutto questo e anche del ddl Zan sul quale ci ha fornito una visione originale.

Secondo lei perché il primo Premier donna non è di sinistra?

Io ho iniziato a discuterne più di un anno fa, ne ho scritto sulla Repubblica perché era evidente che Giorgia Meloni avrebbe vinto le elezioni. A destra non esiste la tradizione della parità e, di conseguenza delle quote. Le donne che a destra si sono fatte avanti l’hanno fatto grazie alla loro pellaccia e competendo direttamente con gli uomini del loro partito. A sinistra è diverso.

Come funziona invece a sinistra?

A sinistra la competizione è tra donne. Perché se si deve eleggere il 40% di donne da un lato c’è la competizione delle donne tra di loro per entrare a far parte delle quote e dall’altro è un uomo che coopta. Quindi le parlamentari elette sono in debito con chi le ha scelte, devono rispondere al proprio capo corrente, tutte le altre donne sono concorrenti, avversarie. Anche perché quando sono elette il primo problema che si pongono è come fare a rimanere lì per sempre. Le leader di destra sono molto robuste quando arrivano, non sono figurine.

Per dirne una Debora Serracchiani è una figurina, Giorgia Meloni non lo è perché tutto ciò che ha acquisito in termini di potere se l’è conquistato sul campo, quindi è robustissima, ha passato le forche caudine per arrivare lì. Questa è la differenza fondamentale. Però ora le donne di sinistra se ne sono accorte e vediamo se qualcosa si muoverà.

Nel primo governo guidato da una donna ci sono solo 6 ministre. Secondo lei perché?

Per due ragioni. Prima di tutto per formare il governo ha dovuto tenere conto di spinte e contro-spinte degli alleati. La seconda ragione è che lei non crede alle quote. Lei dichiara apertamente di non essere femminista, non finge di esserlo, la sua storia non è quella. Però sulla partita dei sottosegretari vuole introdurre il tema del riequilibrio

Perché i movimenti femministi sembrano più preoccupati dall’applicazione della 194 e non dalle misure di supporto alla maternità sebbene oggi l’emergenza nel nostro paese è la natalità?

Direi meglio. Direi che una parte dei movimenti femministi pensa che la misura della libertà della libertà femminile sia solo l’aborto e non invece la libertà di scelta sul tema della maternità. Perché il tema è questo, la libertà delle donne, e invece ci si concentra sull’aborto. La questione è abbastanza antica e risale a quando nel dopoguerra Simone De Beauvoire scrisse che bisognava liberarsi dal destino materno. Però quando lei diceva queste cose eravamo in pieno baby boom, nascevano una quantità mostruosa di bambini. Ora la situazione è completamente diversa. Le giovani donne, perché sono quelle che fanno i bambini, vivono di precarietà economica, abitativa, senza servizi ma soprattutto lo sprezzo per la funzione materna. Poi magari si pentono intorno ai 40anni e non resta altro che la fecondazione assistita, che è diventato un gran business. Il punto però è un altro.

Qual è il punto?

È che bisogna dire che la libertà della donna non è discutibile. Né nella scelta di non portare a termine la gravidanza, né nella scelta di avere figli. Il tema va impostato così, è un tema di libertà femminili, in entrambi i casi non può che essere la donna a decidere per sé. Diversamente c’è la coazione. Il tema è la libertà femminile, questo deve essere chiaro, e c’è un lato di luce, la maternità, e uno di ombra, l’aborto. Nessuna donna che sceglie l’aborto per le più disparate ragioni lo fa in maniera leggera. Quello dell’aborto è un tema che è stato agitato pretestuosamente in campagna elettorale quando fino a un attimo prima di aborto non interessava nulla a nessuno, né alla sinistra né alla destra. È stato un tema agitato esclusivamente dagli uomini, per finalità elettorali, non ho apprezzato. Il tema è stato violentato da uomini che avevano il solo problema di essere rieletti, è tremendo, non gliele frega niente di niente.

Perché sono sempre così divisivi i temi legati alla maternità e all’aborto?

Un po’ perché emuliamo gli USA, dove c’è un’altra cultura e il tema ha spaccato il paese, lì è un tema di battaglia da sempre. Qui non è mai stato così. Per spiegare meglio: senza il sostegno delle donne cattoliche la 194 non esisterebbe. I referendum abrogativi successivi alla 194 sono stati persi perché le donne cattoliche si sono rifiutate di condannare alla malattia e alla morte le donne che si trovano nelle circostanze di dover abortire. Questo tema ha sempre trovato nel nostro paese un’unità di buon senso. Quindi farne un tema divisivo è una finta. Tra l’altro Giorgia Meloni e Eugenia Roccella hanno detto mille volte che non hanno intenzione di toccare la 194. E poi vorrei aggiungere una cosa.

Prego.

Passa come un dato assodato che le donne debbano essere le colonne del welfare familiare. Ho apprezzato che la ministra Roccella abbia detto che le donne hanno totalmente sulle loro spalle il peso dell’assistenza alle persone disabili e anziane. Perché, nelle famiglie, viene ritenuto un lavoro da donna. E di questo non parla nessuno, delle fatiche femminili. L’aborto invece è un tema scenografico e se ne discute in campagna elettorale.

Perché, secondo lei, spesso si mischiano diritti delle donne e diritti Lgbtq?

Le donne sono state iscritte a pieno titolo tra le minoranze Lgbtq. Il ddl Zan voleva introdurre la misoginia insieme ai diritti Lgbtq. Noi abbiamo vivamente protestato dicendo che non siamo la minoranza ma siamo la maggioranza del genere umano ma non c’è stata la possibilità di essere ascoltate, infatti il ddl Zan è andato a sbattere. Quando bastava che invece del ddl Zan, che era caduto al Senato, proponessero il ddl Scalfarotto, molto più snello, e sarebbe passato. Ma loro volevano la bandierina dello Zan e hanno chiuso la legislatura senza una legge sull’omotransfobia. L’hanno proprio deciso. E adesso Zan ha ripresentato lo stesso ddl, quindi è intenzionato ad andare a sbattere di nuovo. Noi abbiamo detto con forza che le donne non sono una minoranza del mondo Lgbtq, invece i politici Lgbtq ritiengono che faccia comodo inserirci tra le minoranze. Questo è un errore enorme ed è anche un atto di sprezzo nei confronti della maggioranza del genere umano.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top