Simion trionfa al primo turno delle presidenziali in Romania con un sorprendente 40,1%. Ballottaggio con Nicușor Dan il 18 maggio per decidere chi potrà accomodarsi a Palazzo Cotroceni
A cinque mesi dall’annullamento delle contestatissime elezioni di novembre, la Romania torna alle urne e lo fa con un risultato che ha sorpreso osservatori e istituti demoscopici: George Simion, leader nazionalista di AUR (Alleanza per l’Unità dei Romeni), ha conquistato il primo posto al primo turno con il 40,1% dei voti, staccando nettamente gli altri candidati e rilanciando l’onda sovranista in un’Europa in pieno fermento. Sfiderà il candidato indipendente Nicusor Dan, sindaco di Bucarest, secondo per voti con il 21%.
L’EREDE DI GEORGESCU
Simion si presenta come l’erede diretto di Călin Georgescu, il controverso candidato che a dicembre scorso era stato incoronato vincitore salvo poi essere travolto dalle polemiche sui finanziamenti elettorali sospetti e sulle sue simpatie filorusse, fino alla clamorosa cancellazione del voto per ingerenze di Paesi esterni. Scomparso dalla scena e impossibilitato a ricandidarsi, Georgescu è riapparso alle urne al fianco di Simion, cui cede idealmente il testimone.
CHI È GEORGE SIMION
Classe 1986, Simion arriva dalla periferia del sistema politico, con un passato tra gli ultrà dello stadio di Focșani e l’attivismo per l’unificazione tra Romania e Moldova. La sua prima esperienza politica è nel 2012 con l’associazione “Acțiunea 2012”, un’ONG che non riesce a decollare, ma getta le basi di un nazionalismo identitario che farà da pilastro alle sue future campagne. Il sogno della “Grande Romania” e le rivendicazioni territoriali sull’Ucraina fanno parte da sempre del suo repertorio ideologico.
Nel 2019 fonda AUR, partito di destra radicale che si rifà a valori tradizionali e nazionalisti: “Famiglia, nazione, fede e libertà” è lo slogan con cui il movimento si presenta agli elettori. Oggi AUR siede nel Parlamento europeo accanto a Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), dove Simion ricopre il ruolo di vicepresidente.
Euroscettico, vicino alla cosiddetta area MEGA – leader europei con posizioni simili a quelle sostenute da Donald Trump – è contrario all’invio di armi in Ucraina e si ispira esplicitamente alla figura di Corneliu Zelea Codreanu, fondatore della Guardia di Ferro, organizzazione fascista e antisemita degli anni ’30. Questa retorica aggressiva lo ha aiutato a consolidare la base più radicale, conquistata anche grazie a una presenza massiccia e un grande seguito sui social. La sua capacità di trasformare ogni evento in propaganda elettorale è stata evidente anche in occasione del suo matrimonio, celebrato come un happening politico con autobus gratuiti da tutto il Paese per i simpatizzanti, proprio come accadeva nei raduni di Codreanu.
AL BALLOTTAGGIO SFIDA SIMION-DAN
Il 18 maggio si terrà il ballottaggio decisivo contro Nicușor Dan, sindaco di Bucarest e candidato indipendente di area europeista. Dan ha preso il posto di Elena Lasconi, originariamente designata per sfidare Georgescu, ma ritiratasi dopo frizioni interne. Al primo turno ha ottenuto il 21% superando di misura Grin Antonescu, sostenuto dalla coalizione di governo (socialdemocratici e liberali), ma affondato dal voto degli emigrati, dove ha raccolto appena il 6% contro il 25% di Dan.
DERBY ANTI-SISTEMA
Simion punta ora a far convergere su di sé il 13% di voti di Victor Ponta, l’altro candidato di destra, con posizioni ancor più radicali delle sue, mentre il fronte europeista dovrà unirsi rapidamente attorno a Dan per tentare di arginare la cavalcata nazionalista. Bocciatura per l’ex senatore Antonescu, percepito come candidato dell’establishement, un tonfo che ripete quanto già successo a Marcel Ciolacu nella tornata elettorale poi annullata.
Avanza dunque il fronte del cambiamento, con un presidente che in ogni caso sarà espresso da forze considerate di opposizione, in una democrazia giovane cronicamente gravata da un problema di corruzione e dopo lo scandalo sulle elezioni di novembre che hanno gettato una cupa ombra sulle possibili ingerenze russe nel Paese. La sfida, ora, è tra continuità europea e rottura nazionalista, in uno dei fronti più caldi su cui si misurerà il nazionalismo “alla Trump” che sembra aver preso la volata in tutto il Vecchio Continente.