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Ucraina

La guerra dei piani: tutte le proposte per l’Ucraina sul tavolo di Trump, Zelensky e Putin

Da Washington a Bruxelles, da Kiev al Cremlino, il mosaico diplomatico sul futuro dell’Ucraina è tutto da comporre: il presidente Usa vorrebbe arrivare presto a una sintesi, l’Europa sente la questione come dirimente per la propria sicurezza, Zelensky vuole difendere l’eroica resistenza del suo popolo, Mosca cerca di ottenere il massimo dalle trattative. Ma quali piani stanno realmente valutando USA, UE e Russia per l’Ucraina? Dal Donbass agli asset congelati, ecco gli scenari possibili.

Sono giorni frenetici sul piano della diplomazia internazionale. Un’accelerazione imposta dal presidente americano Donald Trump, che vorrebbe chiudere un accordo di pace al più presto, anche a costo di umiliare Zelensky e premiare l’aggressione di Putin.

Tra le due sponde dell’Atlantico si rincorrono piani e contropiani che potrebbero ridefinire la sovranità, la sicurezza e la ricostruzione post-bellica dell’Ucraina, oppure congelare il conflitto su presupposti inaccettabili per molti.

Una guerra di documenti che tradisce una profonda divergenza di visione tra i convitati al tavolo della pace (o della guerra), in disaccordo perfino su chi debba partecipare ai negoziati. Al di là dei piani e delle condizioni poste dalle parti in conflitto, l’impressione è che questo affastellarsi di proposte nasconda un quadro d’interessi geopolitici più complesso: l’America di Trump sta provando a rompere l’asse Mosca-Pechino, mentre l’Europa ha l’esigenza di mantenere gli Stati Uniti con due piedi nel Vecchio Continente.

UN NUOVO PIANO DA KIEV

Ieri Zelensky – che non ha escluso di riportare il Paese alle urne come richiesto più o meno velatamente dal Cremlino e dalla Casa Bianca – ha inviato un nuovo piano in 20 punti a Washington, “un documento fondamentale” dal suo punto di vista. Il presidente ha spiegato che da questa base l’Ucraina sta sviluppando almeno altri due dossier: il primo riguarda le garanzie di sicurezza da concordare con gli Stati Uniti; il secondo è dedicato al capitolo economico, dalla ricostruzione agli investimenti congiunti necessari per affrontare il dopo-guerra.

Su queste basi ci sarebbe stato anche un confronto tra Donald Trump, Starmer, Macron e Merz: il presidente Usa ha detto che si è discusso “in termini forti”, tornando a calcare la mano sulla questione della corruzione in Ucraina, chiedendo che Zelensky “sia realista”.

I 7 PUNTI DEL PACCHETTO NEGOZIALE

Secondo David Ignatius del Washington Post, al di là dei forti contrasti tra le parti coinvolte, un “pacchetto negoziale”, emerso dall’incrocio delle varie proposte, esisterebbe.

Secondo questo schema, la proposta attualmente al vaglio è quella avanzata da Zelensky e dagli europei, che prevede l’adesione delll’Ucraina all’Ue in tempi molto brevi e garanzie di sicurezza in stile Articolo 5 della Nato. Sarebbe in corso un bracco di ferro anche sui limiti costituzionali da imporre all’esercito ucraino, e Kiev si oppone opponendo inoltre a qualsiasi cessione territoriale che abbia legittimità internazionale, rifiutando di ritirarsi dalle aree ancora sotto il suo controllo, ivi comprese le proposte sulla zona demilitarizzata nel Donbass e sulla centrale di Zaporizhia, che dovrebbe passare in mano russa.

Il nodo territoriale resta il più esplosivo. La proposta americana sembra contemplare la cessione, da parte ucraina, della porzione del Donetsk ancora controllata da Kiev — una quota che Mosca rivendica e che Trump e i suoi emissari Steve Witkoff e Jared Kushner presentano come “poco popolata” e quindi negoziabile. Per gli europei e per molti ucraini è un prezzo troppo alto: rinunciare alla sovranità su parti del territorio significherebbe legittimare, in qualche modo, i guadagni ottenuti tramite l’invasione.

LA SOLUZIONE ALLA COREANA

Tra le proposte che circolano per il destino del Donbass, nodo finora insuperato delle trattative, c’è il modello alla coreana, che prevederebbe una zona demilitarizzata nella parte orientale dell’Ucraina, in modo da congelare l’attuale situazione sul campo.

Nell’idea in circolazione la linea verrebbe sorvegliata da osservatori internazionali e accompagnata da garanzie esterne che dissuadano nuove aggressioni. Un modello che cerca di coniugare cessate il fuoco durevole e spazio per la ricostruzione, ma mette in discussione molte delle linee rosse che gli ucraini considerano insuperabili.

GARANZIE DI SICUREZZA: IL NODO DELL’ARTICOLO 5

Una delle proposte decisive è offrire a Kiev garanzie di sicurezza robustissime, simili al principio del «tutti per uno» sancito dall’articolo 5 della Nato. L’idea, suggerita in varie forme anche dall’Italia e presente nelle bozze alla base dei colloqui, vorrebbe impegni vincolanti degli Stati Uniti e degli alleati in caso di violazioni dell’accordo. Ma dare concretezza a un impegno simile — con ratifiche parlamentari, meccanismi di risposta rapida e livelli di responsabilità — resta complesso, e il confronto tra americani ed europei su chi e come intervenire è ancora aperto.

IL CASO EUROCLEAR E I FONDI RUSSI CONGELATI

Sul fronte finanziario Bruxelles sta valutando di usare i titoli e le riserve russe immobilizzate in Europa (circa 200 miliardi di euro) per finanziare la ricostruzione ucraina. La Commissione europea propone di trasformare parte di quei saldi in un “prestito di riparazione”, con un titolo da 90 miliardi che permetta a Euroclear (che detiene circa 185 miliardi) di scambiare liquidità destinata a Kiev, coperta da meccanismi di solidarietà e garanzie. Gli Usa vorrebbero invece utilizzare quei fondi per mettere il cappello sulla ricostruzione: nel piano in 28 punti avanzato dagli Usa si parlava di usare almeno 100 miliardi, ma non è detto che nelle future proposte la cifra lieviti.

LA RICOSTRUZIONE

Il piano americano contempla infatti anche grandi investimenti privati per la ricostruzione: la Casa Bianca ha parlato con Larry Fink di BlackRock per un fondo che potrebbe mobilitare centinaia di miliardi destinati a infrastrutture e ripresa economica. L’idea è semplice e ambiziosa: collegare garanzie di sicurezza a prospettive economiche che rendano l’Ucraina attrattiva per capitali esteri — compresi investimenti in territori oggi contesi. Ma qui si incrociano questioni etiche e legali: investire in territori non universalmente riconosciuti rischia di legittimare conquiste militari. Ciononostante ieri Zelensky ieri s’è detto fiducioso che un’intesa con gli Usa sul piano economico c’è: sul punto “siamo completamente allineati con gli americani” .

MOSCA OSSERVA E MINACCIA RITORSIONI

Mosca intanto parla di Occidente diviso e accusa l’Europa di ostacolare il processo di pace; il ministro degli Esteri Lavrov dichiara che la Russia non vuole uno scontro diretto con l’Europa ma che “risponderà a qualsiasi mossa ostile”, inclusa l’espropriazione di beni russi. E stronca l’ipotesi di un’operazione di peacekeeping con soldati europei sul campo, che verrebbero trattati come “obiettivi legittimi” dll’esercito di Mosca.

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