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Chi è Nigel Farage e cosa accade se vince in Gran Bretagna

Rimbalza in queste ore la notizia di un clamoroso sorpasso di Reform Uk, il partito britannico di destra guidato da Nigel Farage con posizioni euroscettiche, populiste e sovraniste, ai danni di Labour e Conservatori. 

Secondo le rilevazioni di YouGov per Sky News, Reform UK sarebbe attualmente il partito più popolare nel Regno Unito e in caso di elezioni otterrebbe il 25% delle preferenze, seguito dal Labour Party al 24% e dai Conservatori al 21%.

Una proiezione specchio di un cambiamento repentino nell’umore dell’elettorato britannico, che fino a qualche mese fa aveva consegnato al Labour Party le redini del Paese con una vittoria indiscutibile: a luglio quasi 10 milioni di elettori avevano scelto il partito di Keir Starmer, sancendo la fine dell’era Tory e il fallimento dell’ex premier Sunak.

LO STILE DI FARAGE

Farage è noto per il suo stile diretto e provocatorio, spesso in contrasto con l’establishment politico. I suoi sostenitori lo vedono come un difensore del popolo contro le élite, mentre gli avversari politici lo accusano di populismo e demagogia.

Ciò che non va sottovalutato è la sua capacità di parlare alla pancia del Paese e incidere profondamente sulla politica britannica, come già dimostrato negli anni della campagna per il “Leave”.

CHI È NIGEL FARAGE

Classe 1964, originario di Farnborough, nel sud-est dell’Inghilterra, Farage ha studiato alla Dulwich College, un’istituzione d’élite. Dopo aver lasciato la scuola, ha lavorato nei mercati finanziari come broker di materie prime. Tuttavia, la sua vera passione era la politica, e già dagli anni ’90 ha iniziato a farsi un nome nel panorama euroscettico britannico.

Farage ha co-fondato il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (UKIP) nel 1993, formazione nata con l’obiettivo di far uscire il Regno Unito dall’Unione Europea. Nel 1999 è stato eletto deputato al Parlamento Europeo, una posizione che ha mantenuto fino alla Brexit nel 2020.

La carriera politica di Farage ha raggiunto il culmine con il referendum del 2016. Come leader dell’UKIP, ha condotto una campagna aggressiva a favore dell’uscita dall’UE, basata su temi come il controllo dell’immigrazione, la sovranità nazionale e l’opposizione alla burocrazia di Bruxelles. Lo slogan “We want our country back” (“Vogliamo riprenderci il nostro paese”) e il suo stile provocatorio gli hanno fatto guadagnare sia sostenitori appassionati che critiche feroci.

Dopo la vittoria del “Leave” con il 52% dei voti, Farage ha dichiarato di aver “realizzato il suo sogno” e si è dimesso dalla guida dell’UKIP.

Ma Farage non ha abbandonato la scena politica. Nel 2019 ha fondato il Partito Brexit, poi rinominato Reform UK, con l’obiettivo di portare avanti una politica ancora più conservatrice, anti-immigrazione e liberista.

Negli ultimi anni, ha cercato di conquistare una fetta dell’elettorato deluso dai Conservatori, criticando la gestione del post-Brexit, della pandemia e della crisi economica.

CHI SOSTIENE REFORM UK

Ora il partito di Farage starebbe guadagnando consensi a destra, rosicchiando i voti del partito conservatore guidato adesso da Kemi Badenoch. Ma anche e soprattutto nell’elettorato storicamente laburista, trovando nuovi sostenitori nella classe operaia, nelle Midlands e nel nord dell’Inghilterra: prevalentemente uomini bianchi già convertiti alla causa populista dai tempi della Brexit. Del resto, il partito è l’erede ideale dell’UK Independence Party (UKIP) fautore della Brexit.

Oggi l’obiettivo sembra quello di replicare nel Regno Unito quanto fatto da Trump negli USA, ossia spaccare la destra tradizionale e mettere in crisi il rapporto tra le classi lavoratrici e i partiti politici di riferimento per guadagnare il potere.

Non a caso proprio Farage, e non il primo ministro Starmer, era presente alla cerimonia di insediamento del presidente americano. Tra i principali sostenitori di Farage fino a poco tempo fa c’era anche Elon Musk, il quale aveva ventilato l’ipotesi di finanziare Reform UK per una nuova rivoluzione in stile trumpiano. Salvo poi scaricarlo di recente, secondo lo stesso Farage per la sua mancata apertura a Tommy Robinson, agitatore anti-Islam diventato un idolo del miliardario sudafricano.

COSA C’È NEL PROGRAMMA DI REFORM UK

Se Nigel Farage dovesse vincere le elezioni, il suo governo potrebbe implementare una serie di politiche chiave delineate nel manifesto di Reform UK.

Il partito propone un taglio di £100 miliardi alla spesa pubblica per finanziare riduzioni fiscali di £88 miliardi. Ciò includerebbe l’innalzamento delle soglie dell’imposta sul reddito, l’abolizione dell’imposta di successione per importi specifici e l’eliminazione dell’imposta di bollo per proprietà sotto £750.000.

Sul dossier immigrazione, Reform UK tiene una linea durissima, che implica misure draconiane. L’obiettivo è la “migrazione netta zero”, imponendo controlli più severi sull’immigrazione e introducendo una tassa sui migranti a carico dei datori di lavoro.

Per quanto riguarda la sanità, il partito prevede una riforma del National Health System, offrendo sgravi fiscali per l’assistenza sanitaria privata e promuovendo un maggiore coinvolgimento del settore privato nella sanità.

Il programma propone inoltre un’integrazione di 40.000 agenti di polizia e un approccio più rigoroso alla criminalità, mentre sui temi ambientali si posiziona tra gli scettici più intransigenti, con una proposta di un referendum per cancellare le misure relative alla Net Zero Strategy.

In merito ai rapporti con l’Europa, la visione di Farage è chiarissima da anni. Oggi l’ex brexiter spinge per un Regno Unito completamente indipendente dall’Unione Europea e focalizzato sulla protezione dei propri interessi sovrani sulla promozione di relazioni internazionali basate su accordi diretti e non mediati da organismi sovranazionali: l’esatto opposto del “reset” propugnato da Starmer.

UNA LEGGE ELETTORALE CHE LO SFAVORISCE

Farage deve comunque misurarsi con una legge elettorale che attualmente lo sfavorisce, il cosiddetto “First Past the Post”, un uninominale secco che assegna un gran numero di seggi ai partiti che hanno una distribuzione di consensi omogenea sul territorio nazionale, mentre penalizza chi ha un gran numero di voti diffusi ma poca preponderanza nei vari collegi.

Insomma, anche se Reform UK prendesse il 25% dei voti a livello nazionale, potrebbe ottenere pochissimi seggi, come peraltro già accaduto in passato: nel 2015, l’UKIP ottenne 3,8 milioni di voti (12,6% nazionale) ma solo 1 seggio, mentre nel 2019, il Brexit Party, il precursore di Reform UK, ottenne oltre il 2% dei voti ma nessun seggio.

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