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Rebus AstraZeneca: l’addio danese, Berlino cambia vaccino al richiamo

Piano Vaccinale Astrazeneca

Copenaghen pronta a sospendere la somministrazione di AstraZeneca e a rivolgersi esclusivamente agli altri vaccini. La Germania cambia ancora rotta e piano vaccinale

Chi ci capisce è bravo. Si sapeva che i vaccini non hanno potuto beneficiare su test di lungo periodo e si immaginava che qualche morte sospetta si sarebbe verificata, capace di impensierire più di un politico. Nessuno però poteva anche solo lontanamente ipotizzare simili valzer decisionali da parte delle singole agenzie del farmaco, che rischiano di ansiare più del dovuto e di rinfoltire indebitamente le file di no vax. E mentre gli USA stoppano Johnson & Johnson, provocando un terremoto che ha fatto sobbalzare soprattutto il nostro piano vaccinale, l’Europa continua a danzare attorno ad AstraZeneca.

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QUEL BALLETTO SU ASTRAZENECA

La Danimarca, per esempio, pare sia intenzionata a sospendere definitivamente l’uso del vaccino anti-Covid anglosvedese. Lo avrebbe reso noto l’emittente televisiva pubblica Tv2, citando fonti anonime, secondo quanto riporta il Guardian. Berlino da par suo emana una nuova raccomandazione sul vaccino AstraZeneca. Così come già accaduto in Francia, la Germania ha dato l’indicazione di utilizzare un vaccino diverso per somministrare la seconda dose agli under 60 che hanno ricevuto la prima con il vaccino anglo-svedese. La precauzione dopo la revisione in seguito ai casi di rare trombosi.

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Intanto, il Regno Unito fa sapere che, proprio grazie ad AstraZeneca, almeno il 55% della popolazione britannica ha sviluppato anticorpi da Covid, secondo le statistiche aggiornate al 28 marzo dall’Ons, equivalente dell’Istat nel Regno Unito. Lo riporta la Bbc, evidenziando l’impatto sia delle vaccinazioni (oltre 40 milioni di dosi somministrate nel Paese inclusi 8 milioni di richiami) sia delle guarigioni. Invece il Telegraph, impegnato in una campagna per accelerare le riaperture post lockdown, indica – elaborando dati dello stesso Ons – nella misura del 23% la quota di morti conteggiati nelle ultime settimane per Covid per i quali l’infezione sarebbe «solo» una concausa non determinante.

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