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Russia vicina al default, cosa accadde nel fallimento del 1998?
Il 15 aprile dovremmo capire se la Russia è davvero scivolata nel default. Similitudini e divergenze con il precedente del 1998…
Se l’Ue dovesse dimostrarsi compatta e seguire l’istanza tedesca (per la verità sul punto ieri Berlino ha tirato il freno) di allargare le restrizioni anche al settore dell’energia, a quel punto la Russia sarebbe a un passo dal default. Che, attenzione, non si verifica quando un soggetto, sia esso un imprenditore o uno Stato, ha più debiti che crediti, più passività che soldi nel portafogli, quando piuttosto non è più in grado di ottenere credito nei circuiti internazionali. Col paradosso che potremmo avere un soggetto altamente indebitato che gode ancora di ottima fiducia presso i suoi creditori e riesce loro a strappare nuovi prestiti, magari a tassi d’interesse moderati, o a dilazionare i pagamenti e altri meno indebitati ma visti come maggiormente inaffidabili e, perciò, troppo rischiosi per scommettere su di loro. Questi ultimi fallirebbero sicuramente per primi. E Mosca? Isolata com’è sul piano della politica estera, col valore del rublo crollato, le sanzioni a bloccarne l’export e la Borsa chiusa, è ancora molto lontana dal default?
LA RUSSIA È DAVVERO VICINA AL DEFAULT?
Dato che il default è più una condizione fiduciaria che matematica, è difficile dire se la Russia sia davvero così vicina al default: finché troverà investitori disposti a credere che riuscirà a onorare i propri debiti, starà a galla. Certo, dovrà reggersi su una economia di guerra, chiedere ai propri cittadini sforzi immani (i russi comunque sono abituati a fame e miseria) ma, come anticipavamo, sul fronte della politica estera Vladimir Putin non è affatto così isolato.
💬 FM #Lavrov: We have been developing a privileged strategic #partnership with New Delhi. It is one of the key priorities of the Russian foreign policy.
🤝 #Friendship is the key word to describe the history of our relations 🇷🇺🇮🇳#DruzhbaDosti #RussiaIndia pic.twitter.com/fHsfceN1gq
— MFA Russia 🇷🇺 (@mfa_russia) April 1, 2022
La maggior parte degli alleati dei russi, al momento, non ha certo le spalle sufficientemente larghe per dare una mano a Mosca sul fronte economico, ma ci sono due economie che potrebbero invece rivelarsi determinanti nel default o meno della Russia: la Cina e l’India. Ed è il motivo per cui negli ultimi anni, in vista di questa invasione, il Cremlino ha tessuto via via rapporti sempre più stretti coi due Paesi, rapporti cementificati ulteriormente anche nelle ultime settimane, con continue visite dei più alti esponenti governativi nelle due capitali.
COME STA L’ECONOMIA RUSSA?
Uno dei motivi per cui mai come in questo caso un possibile default della Russia non sarebbe matematico, quanto legato al suo isolamento, è che di fatto l’economia russa non è malata. È piuttosto congelata dalle sanzioni, come sono stati congelati i 640 miliardi di dollari di riserve internazionali in valuta estera detenute dalla Banca centrale russa e i patrimoni dei vari oligarchi.
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Laddove Mosca riuscisse a trovare altri mercati per supplire, almeno in parte, i rapporti commerciali con l’Occidente, potrebbe evitare di dichiarare la bancarotta. In totale, la Federazione russa conta circa 40 miliardi di dollari di titoli sovrani diffusi a livello internazionale suddivisi in una quindicina di emissioni in euro e in dollari, mentre il debito in obbligazioni delle società russe è probabilmente più preoccupante, visto che supera i 200 miliardi di dollari.
Molto dunque dipenderà dal fatto che riesca a ripagare i propri debiti soprattutto sul breve termine. Per questo, secondo diversi analisti, il 15 aprile potrebbe essere la prima data per capire se ci sarà o meno l’insolvenza dato che scade il periodo di grazia di un mese collegato ai rimborsi delle cedole di metà marzo.
IL FALLIMENTO DI MOSCA DEL 1998
L’ultimo default della Russia risale all’agosto del 1998, quando Mosca non riuscì a restituire 40 miliardi di dollari di titoli domestici. All’epoca, la Russia aveva affrontato nel peggiore dei modi la brusca uscita da un mercato chiuso e statalista, di matrice comunista e l’immissione in quello capitalistico, con privatizzazioni che avevano danneggiato le casse pubbliche e favorito la nascita di quegli oligarchi che oggi ben conosciamo. La sua economia, mal ferma, non riuscì a reggere la crisi di quella asiatica, che si sviluppò dai primi anni ’90, col conseguente crollo della domanda di materie prime, a iniziare dal gas (una situazione dunque opposta a quella odierna in cui il mondo ha fame di materie prime).
LA PROFEZIA DI LE MAIRE?
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) aveva varato un piano di sostegno finanziario al Paese guidato da Boris Eltsin per un ammontare complessivo di quasi 23 miliardi di dollari. Come avviene sempre di fronte al default di uno Stato, Mosca dovette concordare la ristrutturazione del debito pubblico in rubli, che prevedeva una sospensione dei pagamenti connessi ai titoli di Stato a breve termine, e una moratoria di 90 giorni sui titoli esteri. Tale strada si può battere però solo quando creditori debitore si mettono d’accordo: oggi è invece altamente improbabile che l’Occidente aiuti la Russia a uscire dal proprio default dopo aver creato, tramite le sanzioni, le condizioni per farcela precipitare. Sebbene sia stato costretto a rettificare, infatti, non dimentichiamo che il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, all’inizio di marzo aveva dichiarato: “Provocheremo il crollo dell’economia russa dopo l’operazione militare contro l’Ucraina”.