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Che cos’è la Loggia Ungheria?

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L’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, noto e divisivo pm del pool Mani Pulite, è indagato a Brescia per rivelazione del segreto d’ufficio con riferimento alla loggia Ungheria. Ma di cosa si sta parlando?

Basta quel nome, loggia, per vedere impallidire molti boiardi di Stato. La mente corre infatti alla P2, poi alla P3 e al periodo in cui la magistratura, più arrembante che mai, fece un repulisti, spesso contestato, talvolta quasi spregiudicato, nei settori della politica e dell’economia, decapitando gli apici e sbattendo in galera figure di primordine. L’affaire della Loggia Ungheria possiede il medesimo, dirompente, potere di far saltare sulla poltrona i più alti funzionari pubblici ma, questa volta, a sfaldarsi rischia di essere lo stesso corpo dei giudici: a più di trent’anni da Tangentopoli, il marcio si anniderebbe sotto la scritta “la legge è uguale per tutti”. Che cos’è questa chiacchierata Loggia Ungheria che, nelle ultime ore, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati perfino di un ex magistrato famoso per le sue dichiarazioni giustizialiste (spesso contestate) come Piercamillo Davigo, che fece parte proprio del pool di giudici che scoperchiò i palazzi agli inizi degli anni ’90 alla ricerca di corrotti e corruttori?

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Partiamo dal fondo. L’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo ha un motivo ben preciso: la fattispecie per cui si indaga è rivelazione di segreto d’ufficio e ha a oggetto alcuni verbali secretati, resi al pm di Milano Paolo Storari (anche lui indagato) dal plurindagato avvocato Piero Amara. I verbali, nemmeno a dirlo, riguardano la presunta esistenza della loggia Ungheria.

A questo punto è doveroso provare a comprendere cosa sia, questa loggia Ungheria: una potente associazione segreta in grado di condizionare nomine in magistratura e in incarichi pubblici. Esiste davvero? Non è affatto detto. Ne ha parlato Amara, la cui credibilità è però intaccata dalla moltitudine di procedimenti penali in cui è coinvolto. Per taluni sarebbe un mentitore seriale e il suo gioco sarebbe quello di rendere torbide le acque, non ripulirle. Ma la magistratura, laddove ravvisi una certa attendibilità, ha il compito di indagare (l’obbligatorietà dell’azione penale è stabilita nella Costituzione). E qui nasce la domanda principe: sono stati fatti gli accertamenti di rito sulla presunta loggia Ungheria? Parrebbe di no. Ma procediamo con ordine.

I verbali della vicenda Davigo, non a caso, sono proprio le dichiarazioni che Amara ha reso tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020 nell’ambito dell’indagine sul “Falso complotto Eni”: nell’aprile 2020 Storari decide di portarli a Davigo. Una mossa irrituale, che il PM ha finora motivato con la volontà, da parte sua, di accelerare le indagini, dunque non si ravviserebbe la finalità di ostacolare la Giustizia o, peggio, avvertire possibili personalità coinvolte. Secondo Storari, difatti, la Procura meneghina avrebbe provato a lasciare nei cassetti l’inchiesta, rivelandosi sospettosamente attendista. Da qui la scelta di confidarsi con un magistrato come Davigo e di avvicinare quanto più possibile quelle carte alla vista del CSM.

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Se la strada scelta da Storari è irrituale e forse censurabile, anche quanto avrebbe poi fatto Davigo, una volta informato dell’esistenza di questa Loggia Ungheria, rischia di alimentare sospetti: secondo le ricostruzioni, l’ex consigliere del CSM avrebbe parlato a Roma, in tempi e modi diversi, con il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, David Ermini e con altri due membri del parlamentino dei giudici: il procuratore generale e il presidente della Cassazione, Giovanni Salvi e Pietro Curzio.

Sarà proprio Salvi, titolare dell’azione disciplinare, ad avviarla nei confronti di Storari per la consegna dei verbali a Davigo. “Nella tarda primavera dell’anno passato, il consigliere Piercamillo Davigo mi disse che vi erano contrasti nella procura di Milano circa un fascicolo molto delicato che riguardava anche altre procure e che, a dire di un sostituto, rimaneva fermo”, è quanto ha dichiarato in una nota a fine aprile il pg Salvi.

Ma non è finita: c’è poi la segretaria al Csm di Davigo, Marcella Contraffatto, indagata per l’ipotesi di calunnia. Tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2021 avrebbe spedito i medesimi verbali, in forma anonima, a due giornalisti di altrettanti quotidiani nazionali e al consigliere del Csm Di Matteo. Anche qui, chiunque sia stato, voleva, più che avvertire gli indagati, far scoppiare il bubbone, ma ha comunque rischiato di compromettere le indagini, se mai siano state avviate. E anche su questo occorrerà indagare.

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