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Draghi, per M5S deciderà Rousseau. Tutti i crash della piattaforma

Rousseau

Come per il Conte bis, anche questa volta i 5 Stelle lasceranno che sia il sito di Rousseau a toglierli dall’imbarazzo di una decisione difficile: aderire o meno al governo Draghi. E ancora una volta le sorti del Paese dipendono da una piattaforma su cui aleggiano non pochi dubbi…

Con ogni probabilità domani, nella delegazione pentastellata che incontrerà il presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, ci sarà anche Beppe Grillo, storico fondatore dei 5 Stelle, mentre la composizione del resto della truppa grillina non è stata ancora rivelata. Così come non ha ancora ufficialità la notizia che vorrebbe i vertici del Movimento inclini a lasciare che sull’adesione al governo Draghi decida Rousseau (per chi volesse approfondire, qui il link al sito).

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Uno sgarbo in piena regola al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha chiesto ai partiti velocità d’azione in un momento tanto critico, ma anche un modo per evitare che si consumi lo psicodramma interno ai grillini, dilaniati tra governisti e dibbatistiani: nel momento in cui a decidere fosse la base, principale valore del loro manifesto, nessuno dovrebbe più eccepire alcunché. Resta però il fatto che le sorti del governo Draghi rischiano di essere impiccate a una piattaforma, Rousseau, che negli anni ha sollevato non pochi dubbi…

IL PRECEDENTE GIALLOROSSO

Non è la prima volta che Rousseau viene tirato dentro a forza nella liturgia laica delle consultazioni. Il 3 settembre 2019, tra non pochi problemi tecnici, il popolo della Rete era stato chiamato a benedire la nascita del governo giallorosso. Tra le 9 e le 18 gli iscritti avevano potuto dire se erano o meno «d’accordo che il Movimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito democratico, presieduto da Giuseppe Conte».

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Per conoscere i risultati servì aspettare oltre un’ora. L’Associazione Rousseau diede la colpa a tentativi di hackeraggio e si lasciò andare a commenti che suscitavano ilarità involontaria, ovvero che eravamo di fronte al «record mondiale di partecipazione ad una votazione politica online in un solo giorno» (oltre 79mila votanti su 117mila iscritti: il precedente di maggio 2018 era di 56.127 votanti). Quanto ai misteriosi ritardi: «Siamo riusciti a respingere tutte le attività di chi voleva che questo voto andasse nella direzione giusta».

SUL DESTINO DI DRAGHI LE TANTE OMBRE DI ROUSSEAU?

Record o no, la piattaforma negli anni non ha mancato di suscitare dubbi e interrogativi.  A iniziare dalle polemiche sulla formulazione dei quesiti, spesso di non facile comprensione. A febbraio 2019 per esempio gli iscritti furono chiamati a esprimersi sul concedere o meno l’autorizzazione a procedere chiesta dal tribunale dei ministri per Matteo Salvini nel caso Diciotti. Altro sgarbo istituzionale, dato che per quello c’è una apposita Commissione che opera, si spera, dopo aver letto le carte degli inquirenti e le richieste della Procura, mentre gli elettori pentastellati potevano al più aver formato un convincimento sulla base dei giornali o delle dichiarazioni di questo o quel politico.

rousseau draghi

Ma, a parte questo, il quesito era particolarmente arzigogolato: «Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?» Insomma, bisognava votare Sì per dire No (non concedere l’autorizzazione a procedere e salvare Salvini) e No per dire Sì. Oltre a questo, iniziò con un’ora di ritardo e finì con una proroga di un’ora e mezzo «considerata l’alta partecipazione».

rousseau draghi

Sempre l’alta partecipazione causò non pochi crash di sistema alle parlamentarie del 2018, con candidati indiavolati e attaccati al telefono per denunciare la sparizione del proprio nome dalle liste. Del resto la piattaforma è stata bucata più volte. Nell’agosto del 2017, uno studente universitario esponente del Partito Pirata Italiano riuscì a introdursi nel sistema usando il nickname Evariste Galois, matematico francese vissuto tra il 1811 e il 1832, mentre l’hacker R0gue_0 il 6 settembre 2019, dopo una incursione sulla piattaforma, trafugò e pubblicò sul sito ‘Privatebin’ le email, le password e i numeri di telefono di tutti i membri dell’allora governo gialloverde in scadenza: c’erano il vicepremier Luigi Di Maio ma anche i ministri delle Infrastrutture Danilo Toninelli e della Giustizia Alfonso Bonafede.

LE VICISSITUDINI COL GARANTE

Le falle del sistema hanno portato il Garante per la Privacy a comminare all’Associazione Rousseau diverse multe: una da 32mila euro nel marzo 2018 dovuta al fatto che la vulnerabilità della sicurezza esponesse i dati degli iscritti e una da 50 mila euro fioccata il 4 aprile 2019 dopo che le incursioni e le tribolazioni erano proseguite: «Solo in base a una rigorosa progettazione e a una attenta valutazione dei rischi – si legge nel provvedimento – è possibile realizzare un sistema di e-voting in grado di fornire garanzie di resilienza nonché di assicurare l’autenticità e e la riservatezza delle espressioni di voto».

ROUSSEAU BATTE CASSA

Negli ultimi mesi invece s’è parlato di Rousseau solo a seguito dell’ammutinamento dei parlamentari grillini che hanno smesso di versare la quota peri il mantenimento della piattaforma, con tanto di minaccia da parte di Davide Casaleggio, numero 1 dell’Associazione, di procedere con lo spegnimento. «Caro iscritto – si legge nel testo inoltrato dai gestori – Ti scrivo per comunicarti che a causa delle protratte e gravi morosità di diversi portavoce del Movimento 5 Stelle che da troppi mesi hanno deciso di venir meno agli impegni presi, saremo costretti a ridurre progressivamente alcuni servizi e strumenti le cui spese di funzionamento, in assenza di entrate previste, non risultano ovviamente più sostenibili». Il costo della democrazia orizzontale. Che rischiamo però di pagare tutti quanti se hacker o mal funzionamenti influenzassero una eventuale votazione sul governo Draghi.

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