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Italia – Turchia, quanto potrebbe costarci chiamare Erdogan dittatore?

Italia Turchia

Prosegue il braccio di ferro tra Italia e Turchia. Draghi dà del dittatore a Erdogan e il presidente turco congela gli affari tra i due Paesi. Quali sono e quanto valgono gli interessi che ci impongono di “cooperare”?

La vendetta di Erdogan passa per gli affari tra Italia e Turchia. Il presidente turco non può lasciar passare l’offesa ricevuta dal presidente del Consiglio Mario Draghi come se nulla fosse e se da Palazzo Chigi fanno sapere che la diplomazia sarà più che sufficiente per far rientrare la crisi senza dover ricorrere alle scuse ufficiali pretese da Ankara, la Turchia ha già intrapreso la sua contromossa.

QUANTO VALE LA COOPERAZIONE TRA ITALIA E TURCHIA

Draghi, nell’ormai famosa conferenza stampa in cui ha dato del “dittatore” a Erdogan, ha ammesso che con alcuni leader, nonostante la divergenza di vedute, è necessario cooperare perché se ne ha bisogno e “per assicurare gli interessi del proprio Paese”.

Ecco, questi interessi, secondo l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice), prima del Covid rappresentavano un interscambio commerciale tra Italia e Turchia pari a circa 18 miliardi di euro, poi diventati circa 15 nel 2020 a causa della pandemia – quasi equamente suddivisi tra esportazioni (7,7 miliardi di euro) e importazioni (7,2 miliardi).

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Le parole di Draghi, anzi una sola ne è bastata, hanno però fatto tremare gli imprenditori italiani. La Turchia, come riporta Il Sole24Ore, è “il 12° Paese nella graduatoria mondiale dell’interscambio con l’Italia ed è tra i 10 Paesi in cui – sempre in base alle stime Ice – si prevede la crescita maggiore delle esportazioni nel prossimo biennio”.

L’Italia, ricorda poi il quotidiano economico, è il 5° partner commerciale della Turchia a livello mondiale e il secondo tra i Paesi europei dietro la Germania. Sono ben 1.500 le aziende italiane attive nel mercato turco e Ankara, che vede nell’Italia una porta d’accesso verso il mercato unico europeo, continua a investire nel nostro Paese.

LA PUNIZIONE DI ANKARA

In attesa delle scuse da parte del premier italiano – che probabilmente non arriveranno mai – il governo turco ha iniziato a cucinare la propria vendetta che al momento non sembra voler servire nemmeno troppo fredda. In questi giorni, fa sapere Repubblica, era prevista con Leonardo (ex Finmeccanica) la firma del contratto per l’acquisto di dieci elicotteri d’addestramento, “una commessa del valore di oltre 70 milioni di euro” per la prima tranche e di un valore complessivo che “potrebbe superare i 150 milioni”.

Operazione sospesa, fanno sapere da Ankara. Ma avvisaglie simili sono state lanciate anche ad altre società, come per esempio Ansaldo Energia, “proprietaria del 40% di un gruppo che da un anno sta negoziando con banche e autorità turche la gestione dei debiti per centinaia di milioni accumulati dalla centrale elettrica di Gebze, nella zona industriale di Istanbul”.

QUANTO VALE L’ITALIA PER LA TURCHIA

La Turchia in questo braccio di ferro, tuttavia, non potrà non tenere conto del fatto che l’Italia è il primo investitore estero nel Paese. In terra turca, infatti, c’è tutta la varietà dell’economia italiana, a partire da banche e assicurazioni (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Generali), alle imprese di automotive (Fiat vi è radicata da più di 50 anni), e nomi storici del Made in Italy, da Luxottica a Barilla, Ferrero, Bialetti, Benetton e tanti altri.

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