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Chi lascia e chi resta nel nuovo Pd? Tutti i nomi e gli scenari

Alleanza Giallorossa Dopo Schlein?

Chi minaccia di andare via dopo la vittoria di Elly Schlein e chi vorrebbe avvicinarsi con una riedizione dell’alleanza giallorossa

Un partito spaccato a metà. Da una parte c’è chi vuole provare a vincere le elezioni e dall’altra parte c’è chi è con Elly Schlein per un nuovo Partito democratico. Chi è con la nuova segretaria eletta, che il 12 marzo nel corso dell’assemblea del Pd passerà da segretaria eletta a segretaria e basta, ritiene utile allargare la coalizione al M5s. A sostenerlo è la ricerca “Le primarie del partito democratico 2023” della Società Italiana di Scienza Politica. Una situazione incandescente che fa sentire a disagio la sinistra riformista e i cattolici di derivazione margheritina.

ELLY SCHLEIN HA GIÀ I SUOI MALPANCISTI

I “malpancisti” del Pd accuserebbero la nuova segretaria di un eccessivo “dirigismo”. Malumori che, a quanto riporta Affari Italiani, coinvolgono anche i big che la candidatura di Schlein l’hanno appoggiata come: Dario Franceschini, Peppe Provenzano, Andrea Orlando, Nicola Zingaretti e Francesco Boccia. Certo in pochi giorni non è possibile dettare la linea in un organismo complesso come il Partito democratico, e i commenti dubitativi riportati da Affari Italiani possono sembrare tasselli di un gioco delle parti in cui vince chi resta centrale all’interno del Pd.

IL SENATORE CARLO COTTARELLI SCETTICO SULLA NUOVA SEGRETARIA

Al momento solo Beppe Fioroni, ex Margherita appunto, ha dato l’addio dal Pd a seguito dell’elezione di Elly Schlein. Ma sono diverse le voci di esponenti dem che si stanno alzano in dissenso rispetto alla linea della nuova segretaria. Una di queste è quella di Carlo Cottarelli, senatore Pd ed economista, in passato vicino a diventare Presidente del Consiglio. “I sondaggi suggeriscono che il nuovo segretario dem sia stato scelto in parte decisiva anche con il voto di elettori grillini -, ha detto in un’intervista a Libero -, senza l’intervento dei non iscritti nelle primarie il nuovo segretario oggi sarebbe Stefano Bonaccini, che era stato indicato dai tesserati del partito. Io non sono iscritto ai dem, ma resto un po’ perplesso. Tra gli iscritti più della metà ha votato Bonaccini, forse pensando più al centro che a M5S. Il cambiamento non è una cosa di per sé sempre positiva, bisogna vedere come si cambia”.

LO SCONTRO TRA ELLY SCHLEIN E GLI EX RENZIANI

Più aggressivo è stato invece il commento di Luca Lotti, ex renziano rimasto nel Pd, anche se non ricandidato alle ultime elezioni politiche. “Chiedo direttamente a Elly Schlein: se vinci tu che devo fare, uscire dal Pd – chiede ironicamente Lotti -? Lasciare la tessera? O aspettare che sia tu a cacciarmi? È questo il clima che imporrai nel Pd da segretaria?”. L’ex ministro per lo sport aveva risposto alla segretaria che, prima delle primarie, aveva ricordato, ne corso di un’intervista a “Un giorno da Pecora” su Radio 1, il suo passato renziano. “Leggo che Elly Schlein mi cita, forse in cerca di consenso o forse per gettare discredito sul suo avversario e lo fa in modo “discriminatorio” – aveva detto -. Ho fatto parte del periodo definito “renziano”, così come ho fatto parte del periodo precedente (avendo fondato il Pd) e successivo, come tanti altri amici e compagni che oggi sostengono lei al congresso, come circa il 70% delle persone che hanno votato in passato ai vari congressi e come, credo, parte degli oltre 150 mila iscritti che sono venuti a votare in questi giorni alle primarie del Partito democratico”.

IL PERICOLO DI UNA RIEDIZIONE DELL’ALLEANZA GIALLOROSSA

Del resto l’apertura di maggior spicco a Elly Schlein è arrivata da Giuseppe Conte che, alla notizia della vittoria, le ha augurato buon lavoro. “Salutiamo con favore la novità che si è verificata in casa Pd e speriamo incida davvero a fondo sulla riorganizzazione strutturale dei dem – ha detto l’ex Premier nel corso del consiglio nazionale M5S -. Mi confronterò con Schlein”. Una comunità d’intenti che non piace a tutti. Non è piaciuta, per esempio, ad Andrea Marcucci la sfilata di Elly Schlein accanto a Giuseppe Conte e Maurizio Landini nel corteo di Firenze. Una riedizione, edulcorata, dell’alleanza giallo-rossa mai davvero digerita dai riformisti del partito. “Mi preoccupo, soprattutto se penso che questo probabile nuovo sodalizio possa cambiare anche solo in parte le nostre posizioni sulla guerra in Ucraina e sulla giustizia – ha detto Marcucci intervistato dalla Verità -. Inoltre, vedo il rischio che i due partiti diventino sovrapponibili, in perenne concorrenza. Piuttosto che instaurare una competizione elettorale con il mondo cinque stelle, mi sembrerebbe più auspicabile un’alleanza strategica con il Terzo polo”.

SOSTEGNO ALL’UCRAINA SENZA TENTENNAMENTI

In realtà Elly Schlein ha chiarito la posizione internazionale del “suo” Pd nel corso dell’intervista a “Che tempo che fa”. Sì all’invio di armi perché “bisogna sostenere il popolo ucraino rispetto a una invasione criminale, questo non è mai stato messo in discussione” ma “non ci può essere sinistra senza ambizione di costruire un futuro di pace”. Le armi non risolvono tutto. “Vorrei un protagonismo forte della Ue dal punto di vista politico e diplomatico, un ruolo forte perché Putin non è isolato, ci sono ancora ancora molti paesi che lo supportano – ha detto da Fabio Fazio -. Bisogna riuscire a fare ancora maggiore pressione per costruire un terreno che possa portare alla fine di questo conflitto”.

I PUNTI DI CONTATTO CON IL M5S PER UNA NUOVA ALLEANZA GIALLOROSSA

Ha lasciato, invece, la porta aperta ad intese su altri temi, a partire dal salario minimo. “I risultati delle elezioni politiche sono il frutto, anche, della mancanza di un campo competitivo alternativo alla destra. Sarebbe irresponsabile non cercare, anche nelle differenze, dei terreni comuni- ha detto la segretaria dopo la manifestazione di Firenze -. Ne lancio uno alle altre opposizioni: il salario minimo. Facciamola insieme una proposta per il salario minimo. Facciamolo per i nostri giovani che, con salari bassi e contratti precari, sono costretti ad andare via dall’Italia”. Un tema molto sentito all’interno del Partito Democratico. Anche se, anche in questo caso, c’è chi ricorda vecchie ruggini. “Certo non mi preoccupano le prove d’intesa. Non mi preoccupa davvero un Pd di sinistra su immigrati e pacifismo -ha detto Graziano Delrio alll’AGI -. Contano le convergenze sulle cose da fare. Nel 2018 presentai un disegno di legge sul salario minimo che allora non fu nemmeno preso in considerazione dal governo Conte”.

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