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La Lega (di lotta e di governo) si spacca sulle riaperture

Lega Riaperture

Salvini accelera sulle riaperture, mentre i ministri Giorgetti e Garavaglia frenano: più che un giochino elettorale, il sintomo di dissidi interni alla Lega. E Draghi difende il titolare del dicastero della Sanità: «Al leader leghista ho detto: ho voluto io Speranza nel governo e ne ho molta stima»

Il delicato tema delle riaperture continua a creare frizioni nella Lega, con Matteo Salvini che non manca di farsi immortalare a braccetto delle categorie lavorative più colpite e gli esponenti governativi del suo partito decisi invece a seguire la linea di prudenza imposta da Mario Draghi. E, da quanto apprende Policy Maker, le incursioni del leader leghista starebbero irritando i ministri della sua compagine. Ma anche il premier stesso.

Non a caso ieri il presidente del Consiglio ha ricevuto Salvini, un incontro che l’ex ministro dell’Interno aveva chiesto da parecchio tempo, senza essere accontentato. «È un dovere riaprire la seconda metà di aprile, se i dati lo permetteranno. Non si può stare in rosso a vita», ha detto Salvini dopo l’appuntamento con il premier. «Abbiamo avuto un incontro utile positivo e costruttivo su salute e lavoro. Abbiamo condiviso che devono essere i dati e la scienza a dettare cosa fare. Già oggi ci sono almeno 6 regioni fuori rischio. Non credo al rosso a vita. Con Draghi abbiamo parlato di dati: dove è tranquillo è un dovere riaprire. Draghi lo ha condiviso».

In realtà subito dopo il mini-vertice il leader leghista è stato sconfessato dal premier stesso, in conferenza stampa, che prima ha detto: «Dovranno esserci le riaperture, non ho una data, ci stiamo pensando in questi giorni, dipende dall’andamento dei contagi e dei vaccini». Quindi Draghi ha difeso nettamente Roberto Speranza, da settimane nel mirino di Salvini: «A Salvini ho detto questo: ho voluto io Speranza nel governo e ne ho molta stima». Un cazottone per il leader leghista che incassa pure i distinguo dei suoi ministri.

Nelle stesse ore, infatti, dal Senato, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, intervenendo al question time, si è fatto portatore di una linea molto più moderata e meno ‘aperturista’: «La volontà da parte del governo è di avere delle riaperture anticipate qualora i dati epidemiologici lo permetteranno e quindi stiamo facendo questo tipo di valutazione e questo tipo di valutazione deve essere diversificata tra settori e operatori». Il titolare del Mise ha tirato ulteriormente il freno sottolineando che «il principio della sicurezza sanitaria deve essere un prerequisito per dare certezza altrimenti il rischio è dare incertezze» come «è già stato sperimentato in occasione della riapertura degli impianti sciistici», dove poi ci fu una retromarcia.

Ha calciato il pallone ancora più lontano l’altro ministro leghista, Massimo Garavaglia, titolare del dicastero del Turismo: «In Francia si parla del 14 luglio, negli Usa del 4 luglio, il 2 giugno è la nostra festa nazionale e potrebbe essere una data delle riaperture per noi». Garavaglia ha poi spento ogni bollore riaperturista ricordando che «Ci sono attività che si possono aprire dall’oggi al domani, ce ne sono altre in cui va detto per tempo». Non si può riaprire il Paese in poche ore, serve la dovuta programmazione e dare  «una prospettiva» alle attività frustrate da oltre un anno di restrizioni. Abbiamo bisogno di programmare per essere veloci, altrimenti gli altri ci superano», ha proseguito Garavaglia, ricordando anche lui che occorra comunque «guardare i dati, monitorarli e sulla base di quelli aprire il prima possibile».

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