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Caso Morra
I Graffi di Damato. Morra di nome e di fatto, a sua insaputa, alle prese con i vaccini
Per una volta Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia di ormai vecchia e forse anche abusata pratica, perché ogni volta che se ne rinnova la legge istitutiva sorgono polemiche sulla sua attualità, visto che della mafia si occupa così abbondantemente la magistratura, ha preso sul serio a sua insaputa il proprio cognome. Che equivale, secondo il dizionario della lingua italiana, ad un “antichissimo gioco d’azzardo”. Al quale, in qualche modo, Morra e la scorta – cui egli ha ordinato o non ha impedito di “identificare” alcuni presenti alla “ispezione” improvvisata in una struttura sanitaria di Cosenza, suo collegio elettorale – si sono esercitati scommettendo su non so quale violazione di leggi, regolamenti o altro nella selezione delle persone da vaccinare. E Dio solo sa – per carità – quante sono quelle che vorrebbero immunizzarsi dal Covid-19 e non ci riescono, non solo a Cosenza o, più regionalmente, in Calabria.
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Ma l’“ispezione”, sempre con le virgolette, risulta un po’ meno generale e imparziale, o più mirata dal racconto fatto dal direttore della struttura, Mario Marino. Che ha raccontato a un cronista: “Ma quali comuni cittadini? Ci ha forniti i nomi e le date di nascita di questi parenti over 80, un uomo del 1923 e una donna del 1937. E quando non li ha trovati sulla lista ha fatto il pazzo”, chiamando peraltro al telefono il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, collega o ex collega di partito perché nel frattempo Morra risulta espulso dal movimento grillino per avere negato la fiducia al governo Draghi. Una telefonata che potrebbe avere contribuito a far salire la pressione del sangue al funzionario, sino a farlo sentire male, per fortuna non tanto perché l’interessato ha già annunciato che andrà in commissariato a denunciare l’accaduto.
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La vicenda è naturalmente finita sulle prime pagine di molti giornali con titoli, corsivi e notizie sulle reazioni politiche, molte delle quali ovviamente finalizzate a far dimettere Morra dalla presidenza della commissione antimafia, d’altronde già contestagli in questa legislatura dalle opposizioni di turno per i modi in cui viene esercitata. Molti giornali, dicevo, ma casualmente – per carità – non Il Fatto Quotidiano, al quale Morra sospetto che piaccia politicamente per avere dissentito dalla gestione e conclusione dell’ultima crisi di governo, criticate anche dal giornale diretto da Marco Travaglio, sino a procurarsi o a rischiare l’espulsione, non avventurandomi a valutare sviluppi ed esiti del ricorso cui penso che anche Morra abbia proceduto. Neppure “la cattiveria” di giornata gli è stata dedicata per cercare di indorare con l’ironia una critica o qualcosa che le potesse assomigliare, essendo stati preferiti come “cattivi” due renziani pur tornati nel Pd, forse per dare una mano al capogruppo a rischio di sostituzione per motivi di genere.
La vicenda di Morra è stata invece trattata dal Fatto in terza pagina con una breve ma tutto sommata circostanziata cronaca, debbo riconoscere. Tuttavia nel titolo, o in quella parte che tecnicamente si chiama “occhiello”, c’è un di più, diciamo così, che fa la differenza. “Attaccato con falsità”, è scritto a proposito di Morra, a dispetto di tutte le apparenze, a dir poco. E le apparenze nella cultura non proprio garantista dei grillini d’antan, come Morra andrebbe considerato, dovrebbero avere la loro importanza.