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I Graffi di Damato. Quello sfogo galeotto ma vuoto di Conte a favore delle elezioni

Se ha smentito le voci che gli attribuivano cedimenti all’ipotesi tanto disprezzata del “rimpasto” di governo pur di evitare una crisi destinata a sfociare nelle elezioni anticipate, minacciate dal Quirinale con ripetuti segnali mai smentiti, figuriamoci se adesso il presidente del Consiglio non smentirà “il caso” attribuitogli sulla Stampa e sul Secolo XIX da Carlo Bertini. Che ha riferito di uno “sfogo” sfuggito a Conte, appunto, parlando per mezz’ora con un ministro del Pd dopo il discorso nel quale al Senato Matteo Renzi gli aveva contestato il piano attribuitogli sull’uso dei fondi europei della ripresa e prenotato il passaggio all’opposizione, e quindi la crisi, nel caso in cui non lo avesse radicalmente cambiato.

“Sarebbe meglio andare a votare”, si sarebbe sfogato a questo punto il presidente del Consiglio con un interlocutore peraltro consapevole, come spiega il vecchio Sergio Staino in una vignetta sul Riformista, che “ci deve essere qualcuno che suggerisce a Renzi cosa pensa la base del Pd”. Di cui del resto il senatore toscano, ora socio della maggioranza come leader di Italia Viva,  è stato segretario anche durante l’esperienza di presidente del Consiglio.

“Certo, la risposta del premier – ha scritto lo stesso Bertini nel rivelarla – va contestualizzata, come la scarica di una tensione accumulata. Uno sfogo, appunto. Perché Conte, per pudore verso il ruolo del presidente della Repubblica e, per rispetto istituzionale, non lo chiederebbe mai e mai lo ripeterebbe in pubblico”.

D’altronde, se mai ne fosse davvero tentato il presidente del Consiglio con una richiesta di elezioni anticipate, pur essendone lo spettro servito a ridurre la dissidenza dei grillini verso la riforma del Mes e ad evitare la crisi, metterebbe Sergio Mattarella nei guai. Ma in guai grossi perché, pur rientrando lo scioglimento anticipato delle Camere nelle sue insindacabili prerogative costituzionali, il capo dello Stato non potrebbe obiettivamente sottrarsi al dovere di tentare una soluzione diversa prima di ricorrervi. Glielo ha già chiesto senza mezzi termini proprio Renzi. Che in una intervista al Messaggero ha appena ripetuto come più chiaramente non poteva: “Se scoppia la crisi, si cerchi una maggioranza”  diversa dall’attuale, non per andare alle elezioni subito ma per evitarle.

A quel punto credo onestamente che per sottrarsi ad un simile passaggio, che secondo la mia personalissima opinione non potrebbe prescindere dall’ipotesi di un cosiddetto governissimo presieduto dall’ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, a Sergio Mattarella non potrebbe bastare l’opinione appena affidata al Corriere della Sera dall’ormai intervistatissimo, influentissimo, misteriosissimo e quant’altro Goffredo Bettini. Secondo il quale “si va alle elezioni se il governo implode”.

Potrò sbagliare, nonostante lo “sfogo” attribuitogli dalla Stampa, ma a dissentire sarebbe alla fine lo stesso Conte, sapendo – a meno di ambizioni a dir poco smodate – che difficilmente potrebbe ricapitargli dopo le elezioni di tornare o restare presidente del Consiglio, o diventare chissà che altro, neppure se improvvisasse all’ultimo momento, fra le ceneri o le rovine dei grillini, un partito personale. Non gli andrebbe meglio che nelle elezioni del 2013 a Mario Monti, sopravvissuto politicamente come senatore non per i voti raccolti ma per il laticlavio concessogli precedentemente e generosamente dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

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