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Le bacchettate di Bankitalia, Corte dei Conti e Upb sul Def

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Crescita, Pnrr, superbonus, sanità al centro delle audizioni in commissione Bilancio in Parlamento sul Def

“Al via la carrellata di audizioni preliminari sul Def 2024, il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei Ministri a inizio aprile. Presso le commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato si sono avvicendati il Cnel, l’Anci, l’Upi, la Conferenza delle Regioni e Province autonoma, Bankitalia, Corte dei conti, Upb, Istat. E i temi al centro delle analisi dei principali istituti e autorità economiche del sistema paese sono stati tanti, dalla crescita al Pnrr, dal superbonus alla sanità fino al cuneo fiscale.

BANKITALIA: STIME NON LONTANE DAL DEF MA RISCHI AL RIBASSO

Iniziamo da Bankitalia, rappresentato da Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento Economia e Statistica, secondo cui le previsioni per l’economia italiana si discostano solo lievemente dal Def ma “i rischi per la crescita rimangono orientati al ribasso”. Nicoletti Altimari ha citato tra i fattori di rischio il commercio internazionale, gli effetti della politica monetaria restrittiva sulla domanda e gli effetti negavi sul comparto edilizio dalla riduzione superbonus. Secondo Bankitalia il Pil crescerà dello 0,6% quest’anno (0,8% il dato corretto per giorni lavorativi) e poco al di sopra 1% nel prossimo biennio (0,9% nel 2025 e 1,3% nel 2026 i dati corretti).

BANKITALIA SU PNRR, SUPERBONUS E SPESA SANITARIA

“Il contributo fornito dall’attuazione piena ed efficace degli investimenti del Pnrr è quanto mai decisivo per conseguire i tassi di sviluppo delineati nel quadro del governo” ha sottolineato Sergio Nicoletti Altimari, capo Dipartimento economia e statistica di Bankitalia, nel corso dell’audizione sul Def. (ANSA)
Per quanto riguarda il Superbonus, il costo contabilizzato per competenza nel 2023 è pari a 3,7 punti di Pil ovvero 77 miliardi, “5 volte superiore” a quanto il Def 2023 calcolava sarebbe maturato entro l’anno. Poi il passaggio sulla spesa sanitaria che “in rapporto al Pil rimarrebbe sostanzialmente invariata fino al 2027 (intorno al 6,3 per cento); in prospettiva, andranno tuttavia attentamente gestite le pressioni sulla spesa sanitaria che potranno derivare dell’evoluzione dall’invecchiamento della popolazione”.

BANKITALIA: CON PROROGA CUNEO INCERTEZZA PER I CONTI

Il capo dipartimento Economia e Statistica di Bankitalia nell’audizione sul Def, riferendosi all’intenzione del governo di prorogare il taglio del cuneo fiscale, ha sottolineato che “un’ulteriore proroga di natura temporanea degli sgravi contributivi accrescerebbe l’incertezza sull’evoluzione futura dei conti pubblici”. In questo caso il “disavanzo sarebbe superiore rispetto a quello tendenziale a legislazione vigente di circa un punto percentuale del Pil in media d’anno nel triennio 2025-27, rimanendo al di sopra del 3% in tutti gli anni dell’orizzonte previsivo”.

Nicoletti Altimari ha spiegato poi che “d’altra parte, rendere strutturali gli sgravi aprirebbe due questioni rilevanti”. In primo luogo “verrebbe meno a livello aggregato l’equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni che, nel medio periodo, caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza”. In secondo luogo, ha aggiunto il responsabile di Bankitalia, “senza una modifica della struttura degli sgravi, i lavoratori con redditi prossimi alle soglie al di sotto delle quali si matura il beneficio continuerebbero a essere penalizzati da elevate aliquote marginali effettive, con effetti potenzialmente distorsivi dell’offerta di lavoro”.

CORTE DEI CONTI: DEBITO ECCESSIVO ESPONE A RISCHI DI INSTABILITA’

A intervenire in audizione anche i responsabili della Corte dei Conti, i quali hanno subito messo in guardia: “Se nel triennio post pandemico il miglioramento del rapporto debito/Pil è stato più significativo di quanto atteso, sono molte le ragioni che rendono impegnativa la sfida della riduzione del rapporto nel breve e, soprattutto, nel medio termine”. Per poi aggiungere “ai fini della tutela della finanza pubblica e indipendentemente dagli obblighi europei e dalla relativa sorveglianza, posizioni debitorie eccessive finiscono per esporre il sistema economico a rischi di instabilità”. Per la Corte comunque “condizioni favorevoli per un rientro graduale e sostenibile non mancano”.

CORTE DEI CONTI: PRIVATIZZAZIONI RIDIMENSIONATE, SERVONO DETTAGLI

Il Def ridimensiona la stima delle privatizzazioni rispetto alla Nadef e ne ridetermina il timing: si tratta ora di risorse pari, cumulativamente, a 7 decimi di Pil nel triennio 2025-27, a fronte di stime per 1 punto di Pil nel triennio 2024-2026. Lo ha sottolineato la Corte dei Conti nell’audizione sul Def, evidenziando che “sarebbe importante che nel Piano strutturale di bilancio a medio termine si desse circostanziato e dettagliato conto del ruolo che potrebbero e dovrebbero avere, nella visione programmatica del Governo, le politiche di gestione attiva degli asset pubblici nel prossimo futuro; ciò anche al fine di poter apprezzare la plausibilità delle stime ed evitare gli scostamenti che si sono non di rado registrati nei lustri scorsi tra risultati e previsioni iniziali”.

DEF, CORTE DEI CONTI: GESTIONE DEI CONTI DIFFICILE, SERVIRA’ SPENDING REVIEW INCISIVA

“La gestione della finanza pubblica – hanno poi avvisato i rappresentanti della magistratura contabile – continuerà ad essere difficile: risulterà impegnativo trovare le risorse per far fronte ai fabbisogni per le politiche invariate; occorrerà, inoltre, individuare le risorse per far fronte ad esigenze settoriali (la sanità o l’assistenza), per la riforma fiscale o anche per sostenere gli investimenti, specie quelli che, eliminati dal Pnrr o dal Pnc, devono trovare nuove coperture”. “Sarà poi necessario, negli anni a venire – hanno aggiunto – operare quel definitivo risanamento dei conti che richiederà, secondo indicazioni dello stesso Def, correzioni del saldo primario a politica invariata, nell’ordine di 6 decimi di Pil all’anno fino al 2031. Impegni – ha evidenziato la Corte – che richiederanno una attenta scansione dei fabbisogni, più incisive misure per la razionalizzazione della spesa e scelte molto selettive”.

CORTE DEI CONTI: EVITARE DECADIMENTO DELLA SANITA’, MISURE INSUFFICIENTI NEL DEF

Nella sanità pubblica “le misure finora assunte non sembrano in grado di rispondere strutturalmente alle difficoltà che caratterizzano ormai in maniera diffusa tutte le strutture pubbliche”. Così la Corte dei conti in audizione presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def precisando che “il fabbisogno del settore sanitario, come altri del sistema di welfare, dovrà essere attentamente riconsiderato per evitare che il rispetto delle traiettorie di spesa si traduca in un progressivo decadimento della qualità dell’assistenza pubblica o che impedisca una compiuta (e quanto mai necessaria) riforma dell’assistenza territoriale”.

UPB: DEF CARENTE SU SUPERBONUS, PNRR E POLITICHE INVARIATE

Poi è arrivato il turno in audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, secondo cui nel Def c’è “una carenza di informazioni in tre ambiti di rilevante importanza per la finanza pubblica e il quadro macroeconomico: le politiche invariate, i bonus edilizi e il Pnrr”. “Per le politiche invariate, è stato nuovamente indicato il solo impatto complessivo sull’indebitamento netto del loro rifinanziamento (19,9 miliardi nel 2025, 23 miliardi nel 2026 e oltre 25 miliardi nel 2027), senza fornire alcuna informazione su quali misure siano incluse in questi importi” ha evidenziato l’Upb.

Per quanto riguarda Superbonus e Bonus facciate, non è esplicitata l’entità degli importi considerati nei dati di consuntivo nei documenti pubblicati dall’Istat e in quelli del Mef, informazioni importanti anche nel loro stato di stime provvisorie. Sarebbe inoltre importante fornire maggiori informazioni nei documenti programmatici sugli importi previsti per il periodo 2024-27. Sul Pnrr, essendo stata definita la revisione e rimodulazione del Piano, avrebbe dovuto essere reso noto nel Def il nuovo profilo annuale delle spese distinte per categoria economica, tipologia e tipo di finanziamento”.

ISTAT: REVISIONE DEFICIT PER AVERE DATI PIU’ RECENTI SUL SUPERBONUS

I tecnici dell’Istat, intervenuti anche loro in audizione in Parlamento sul Def, hanno spiegato che l’attuale versione dei conti pubblici 2023 resa nota oggi dall’Istat (che ha rivisto il deficit dal 7,2% dal 7,4% del Pil) differisce da quella del 5 aprile perché “acquisisce le più recenti evidenze sulla spesa per i crediti d’imposta connessi al Superbonus”. “La normativa aveva infatti indicato il 4 aprile 2024 come data ultima per comunicare all’Agenzia delle Entrate la scelta di avvalersi della cessione del credito o dello sconto in fattura” hanno ricordato.

Le informazioni inserite nell’attuale versione dei conti sono a riguardo complete, sebbene non ancora definitive per eventuali modifiche dovute alla fisiologica stabilizzazione del dato relativo alla cessione dei crediti nei prossimi mesi. Ulteriori modifiche della spesa complessiva potranno, inoltre, derivare dai dati sulle detrazioni desunte dalle dichiarazioni fiscali che saranno disponibili solo dopo la fine dell’anno. Tuttavia, dato il ricorso limitato all’opzione dell’utilizzo diretto da parte del beneficiario, è verosimile attendersi revisioni di importo limitato”.

ANCI: NO A RESTRIZIONI E TETTI DI SPESA CON NUOVO PATTO UE

Per quanto riguarda gli enti locali, l’Anci ha chiesto “al governo e al Parlamento una riflessione e impegno a evitare automatici riflessi restrittivi sugli enti locali del nuovo patto di stabilita’ e crescita siglato in sede di Unione europea”. Secondo l’Associazione dei Comuni “l’assenza di dettagli al momento sulle modalità di applicazione degli accordi Ue costituisce un ulteriore elemento di allarme in un contesto macroeconomico segnato da tensioni” e “l’imposizione di tetti di spesa agli enti locali appare al momento inapplicabile oltre che profondamente ingiustificata”.

DEF, CNEL: INCERTEZZA PER TRANSIZIONE REGOLE E TENSIONI GEOPOLITICHE

Il Def “presentato dal governo emerge in un contesto di transizione delle regole di politica economica europea e ne subisce le conseguenze. A questo motivo di incertezza si aggiunge quello legato alle variabili esogene, a partire dalle tensioni geopolitiche” ha affermato il presidente del Cnel, Renato Brunetta in audizione. “Il Def definito dal governo ci dà un tendenziale, rafforzato dal Pnrr. Ne prendiamo atto. Il Pnrr – ha aggiunto Brunella – in questo senso dovrebbe rappresentare un passo decisivo nell’orientamento e nei contenuti della politica economica. L’importanza cruciale di queste misure potrà realizzarsi pienamente solo se verranno continuate e rafforzate negli anni successivi alla prevista fine del piano, nel 2026.

La questione del dopo Pnrr impone una riflessione sulle politiche da adottare per evitare un rimbalzo negativo dell’economia una volta terminata l’attuazione del piano. Ciò appare particolarmente critico in un contesto in cui gli effetti positivi dal lato dell’offerta, e quindi sulla produttività, sarebbero ancora quelli iniziali previsti dalla realizzazione del piano. Con tutta probabilità essi non sarebbero ancora sufficienti a sostenere la crescita economica. La conclusione del Pnrr entro il 2026 indica, quindi, non tanto la necessità di prolungarne i tempi di attuazione, quanto quella di prolungarne la vita, rendendone strutturali le caratteristiche più salienti”. Secondo Brunetta “serve un patto sociale per puntare sulle riforme e sugli investimenti in vista del dopo Pnrr. Proseguire con il metodo della coesione sociale dal 2026 in poi. Sarebbe una bella forza negoziale per andare a trattare con la Commissione”.

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