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Draghi gela Salvini

Draghi

I Graffi di Damato. Mario Draghi tira dritto a Palazzo Chigi su vaccini e green pass

Quel “no passaran” attribuito dal manifesto nel titolo di apertura a un Draghi sicuro di sé nella conferenza stampa tenuta alla ripresa dell’attività politica, se mai questa si fosse davvero fermata in agosto tra azioni del governo e polemiche fra e nei partiti, è una rappresentazione appropriata della situazione.

Altro che la “forzatura” stampata in rosso e gridata dal Fatto Quotidiano strizzando l’occhio agli oppositori del vaccino e del green pass antipandemico, pur dipingendo come “scemo da guerra” il deputato leghista Claudio Borghi. Che è chiaramente riconoscibile nella vignetta di Riccardo Mannelli ispirata al voto contrario dello stesso Borghi e dei suoi compagni di partito a vaccini e green pass nella competente commissione della Camera, dove si discute il relativo decreto legge.

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Più che “spaccare il governo”, come sostiene sempre il Fatto Quotidiano, Draghi con la fermezza confermata in conferenza stampa annunciando che continuerà sulla strada degli obblighi antipandemici spacca al massimo qualche partito tipo la Lega e il MoVimento 5 Stelle, sfidandoli nella sostanza a sfiduciarlo davvero in Parlamento: cosa alla quale lui convintamente non crede. E fa bene, perché alla stretta, se davvero si dovesse arrivare sulla soglia di una rottura, il ricorso alla fiducia in Parlamento si risolverebbe in un fiasco per i residui dissidenti. Costoro sono sì esentati nel cosiddetto semestre bianco dalla paura delle elezioni, non potendo il presidente in scadenza della Repubblica sciogliere anticipatamente le Camere, ma non dall’inconveniente di ritrovarsi davanti allo stesso o ad un altro governo Draghi fatto allestire in fretta da Sergio Mattarella.

Il governo quindi va avanti. Il treno di Draghi tira dritto, senza neppure l’espediente della deviazione, immaginata da Emilio Giannelli sulla prima pagina del Corriere della Sera, per schivare il Matteo Salvini steso di traverso sui binari come un no vax qualsiasi, pur essendosi vaccinato e disponendo del gran pass a titolo, diciamo personale, come lui stesso ha dichiarato esponendo la linea quanto meno ambigua assunta su questa materia per difendersi dalla concorrenza antivaccinale di Giorgia Meloni. Che nei sondaggi ha sorpassato la Lega, sia pure di poco, per rivendicare il primato e la presidenza del Consiglio in un centrodestra che però, con quella posizione su vaccini e green pass, difficilmente andrebbe unito alle elezioni e ancor più difficilmente ne uscirebbe vincente. Siamo insomma al gioco di Monopoli.

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La deviazione immaginata nella vignetta di Giannelli, come la rassegnazione o la minaccia di un Salvini che ritorna alla Padania evocata da Stefano Rolli sul Secolo XIX, è improbabile perché Draghi – lasciatemelo scrivere – è bene informato della situazione interna della Lega dal ministro e amico personale Giancarlo Giorgetti. Senza quella deviazione, anche a costo di cogliere di sorpresa Enrico Letta che scommette sul suo suicidio, Salvini troverebbe il tempo di cambiare posizione e stendersi dritto, anziché di traverso, fra i binari per sopravvivere al passaggio del treno, come una controfigura di uno spericolatissimo James Bond. E Draghi potrebbe ancora parlarne, ironico e soddisfatto, come del vero, sicuro, unico “capo” della Lega. Lo ha appena fatto nella conferenza stampa, sdrammatizzando anche in questo modo la rivolta in commissione, alla Camera, del già ricordato “scemo di guerra”.

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